Perché questo articolo potrebbe interessarti? Giorgia Meloni in Libia per il riunione economico voluto fortemente da Roma: per l’Italia un’occasione volta a ottenere un “diritto di prelazione” sul Paese nordafricano quando la situazione si sistemerà
Una sala conferenze adornata di bandiere della Libia e dell’Italia, un palco pronto a ospitare numerosi interventi da parte di varie personalità, una platea composta soprattutto da imprenditori e uomini d’affari: è stato questo lo scenario che ha fatto da sfondo alla quarta visita in due anni di Giorgia Meloni a Tripoli. E in effetti, il salto fugace del presidente del consiglio in Libia questa volta è stato più incentrato sull’economia e sugli affari che sulla politica.
Roma ha premuto molto per l’organizzazione, dopo svariati anni di assenza, del riunione economico italo-libico in quel di Tripoli. Un modo per battere la concorrenza, in primis turca, nella corsa all’aggiudicazione di nuove opere necessarie per ricostruire da cima a fondo il Paese. Ma anche, per quanto riguarda il contesto interno all’Italia, per promuovere ancora una volta il matricolato Piano Mattei, pietra miliare della politica estera targata Meloni.
Quale Libia da ricostruire?
Quando si parla di business e di affari, ovviamente si ha tutto l’interesse a presentare al in modo migliore ogni situazione. Le autorità libiche, quelle rette dal governo del premier Abdul Hamid Ddeibah, hanno descritto un Paese riappacificato e pronto ad accogliere nuovi investimenti: “Ma ovviamente – afferma ai nostri microfoni una fonte diplomatica che ben conosce il dossier libico – non è tutto oro quello che luccica”.
“Certo – prosegue – a Tripoli si vive con maggiore serenità e sicurezza rispetto a qualche anno fa, la situazione è di gran lunga migliorata, ma non può dirsi normalizzata”. soltanto poche settimane fa, nelle aree sud occidentali del Paese si è palesato lo spettro di un nuovo grave scontro tra le milizie vicine al governo di Tripoli e quelle fedeli al generale Haftar, l’uomo forte dell’est che controlla gran parte della Cirenaica.
A Ghadames, in particolare, si è rischiata una guerra ad alta intensità tra le parti che, in caso di vittoria da parte di Haftar, avrebbe tagliato fuori definitivamente Tripoli con il Fezzan e le aree meridionali del Paese: “In un contesto del genere – prosegue la fonte diplomatica – non si può certo parlare di normalità e di business”.
Le preoccupazioni dell’Italia legate alla Turchia
Ad ogni modo, parlare di economia e ricostruzione rappresenta ad oggi un ottimo viatico di natura politica. Tanto più che, soltanto pochi giorni fa, due attori molto importanti della Libia erano seduti fianco a fianco in un altro riunione, quello organizzato a Istanbul e riguardante il settore della difesa. Al Saha Expo 2024, questo il nome dell’evento, a condividere la platea erano il ministro dell’Interno Emad Trabelsi e il figlio di Haftar, Saddam.
Due personalità sulla carta agli antipodi: il primo è uno dei più potenti uomini del governo di Ddeibah, il secondo è sostanzialmente erede del generale. La Turchia, a partire dal 2019, è diventata la principale alleata delle istituzioni di Tripoli e ha fornito negli anni mercenari e mezzi alle milizie legate al governo.
Vedere fianco al fianco in Turchia due protagonisti di due schieramenti opposti, ha quindi destato non pochi sospetti in quel di Roma. Lo spettro di un interventismo turco sempre più accentuato ha allarmato il governo italiano e questo ha spinto nell’organizzazione, comunque già annunciata da mesi, del riunione italo-libico.
Non solo petrolio
Nel corso delle precedenti visite, l’attenzione italiana è stata ovviamente puntata sulle risorse energetiche di cui dispone il territorio libico. In particolare, tra il 2023 e il 2024 sono stati siglati tra Roma e Tripoli contratti da oltre otto miliardi di Euro sul fronte energetico, tra investimenti per nuove infrastrutture off shore e collaborazioni con la Noc, l’azienda libica del settore.
Nel business riunione di Tripoli si è invece parlato di altro. E, in particolare, di opere infrastrutturali. Sono almeno tre, come spiegato da Alessandro Scipione su AgenziaNova, quelle nel mirino: l’aeroporto internazionale di Tripoli, distrutto durante la fase più acuta della guerra civile nel 2014, l’autostrada della pace, quella che per Gheddafi era il “grande gesto” che l’Italia doveva compiere per farsi definitivamente perdonare l’era coloniale, e infine il cavo sottomarino per connettere la Libia al progetto BlueMed.
Tre aree in cui le ambizioni turche erano forti e in cui è possibile già iniziare a operare, nonostante le turbolenze politiche e militari. Sullo scalo ad esempio, sta operando un consorzio italiano mentre, per quanto riguarda l’autostrada, è un altro gruppo italiano ad essere pronto ad avviare i cantieri per il primo lotto.
Il rischio sugli investimenti in Libia è sempre molto elevato e gran parte dei progetti di cui si è parlato a Tripoli potrebbero rimanere sulla carta per molto tempo, tuttavia avviare parte delle opere ed essere in prima fila sul fronte economico dona all’Italia una sorta di “diritto di prelazione” per quando la situazione si stabilizzerà.
Source link
di Mauro Indelicato
www.true-news.it
2024-10-30 14:13:00 ,
#Meloni #prenota #posto #prima #fila #ricostruzione #della #Libia