L’Antartide è il luogo più ostile della Terra. Tanto ostile che, se non fosse per la presenza di (poche) forme di vita, sarebbe più simile a un pianeta alieno che al nostro. Un deserto bianco di otto milioni chilometri quadrati, pericoloso, inospitale, particolare e freddissimo. Parliamo, naturalmente, dell’Antartide, il continente dove tutto è estremo, dove non ci sono il giorno né la notte – almeno come li intendiamo noi –, dove sorge quel “punto del nulla geografico che è il Polo Sud, e dove la temperatura media è di circa 53 gradi sotto lo zero, per scendere fino a -90 durante il terribile inverno. Caratteristiche così peculiari rendono l’Antartide un posto molto difficile in cui vivere, ma speciale per la inchiesta scientifica: il continente è oggi un enorme laboratorio a cielo aperto dove tante nazioni di tutto il mondo hanno posto diverse basi e conducono studi nei campagna della glaciologia, della climatologia, della sismologia, del magnetismo, della biodiversità, della fisica e dell’astrofisica, della biologia e della zoologia (e tanto altro) che sarebbe impossibile condurre altrove. Tra queste, l’Italia è in prima linea, e non da adesso: il nostro paese svolge attività di inchiesta in Antartide dal 1985, nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra), finanziato dal incarico dell’Università e della inchiesta (Mur) e gestito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per il coordinamento scientifico, da Enea per la pianificazione e l’organizzazione logistica delle attività presso le basi antartiche e dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) per la gestione tecnica e scientifica della nave rompighiaccio Laura Bassi. E questo è un anno speciale: pochi giorni fa è sbarcato sul continente, presso la stazione costiera Mario Zucchelli (una delle due basi di inchiesta italiane in Antartide; l’altra, condivisa con i francesi, si chiama amicizia e si trova molto più all’interno, a 3mila metri di quota), il primo gruppo di tecnici della quarantesima plico italiana, che durerà fino a febbraio 2025, ossia per tutta l’estate australe, e vedrà impegnate 140 persone tra ricercatori, ricercatrici e tecnici. Ci sarà molto da fare, tra inchiesta scientifica e manutenzione e miglioramenti delle basi: nel corso dell’attuale campagna sarà realizzato un nuovo osservatorio geomagnetico e potenziato l’apparecchiature fotovoltaico della stazione Mario Zucchelli, con l’obiettivo di produrre una quota sempre maggiore di energia da fonti rinnovabili, mentre a amicizia è previsto il completamento del primo modulo del nuovo summer camp, l’area esterna della stazione destinata a ospitare ricercatori e tecnici durante le campagne estive.
Le due stazioni e le attività previste
“È un anno da celebrare, quello della quarantesima plico del Programma nazionale di ricerche in Antartide” ha spiegato Mauro Sclavo, direttore facente funzioni dell’Istituto di scienze polari del Cnr “visto che si inserisce nella cornice preparatoria dell’imminente ‘Decade delle Nazioni Unite sulla criosfera’ prevista per il 2025 e nell’importante conferenza dell’Antarctic Treaty Consultative Meeting, che si terrà nel giugno del 2025 a Milano. Il Cnr assicura anche nel corso di questa missione il coordinamento scientifico di progetti cruciali per l’avanzamento della conoscenza in diversi settori e da cui ci attendiamo risultati significativi per comprendere sempre in modo migliore le sfide scientifiche del momento, come quella del cambiamento climatico”. Alla stazione Mario Zucchelli, in particolare, con una temperatura che varia da 0 a -20 gradi e 24 ore di luce al giorno, saranno 57 le unità di personale di inchiesta e tecnico impegnate con le attività di 9 osservatori permanenti che garantiscono il monitoraggio e l’acquisizione continua di misure di climatologia, sismologia, geodesia, geomagnetismo, fino a osservazioni dell’alta atmosfera e meteorologia spaziale. Alcuni osservatori assicurano il monitoraggio vulcanologico, mentre altri rilevano le modificazioni sulle comunità microbiche, del permafrost e della vegetazione, quest’ultima in notevole incremento negli ultimi anni in Antartide, così come in generale in tutte le aree polari terrestri. Sempre nella stessa stazione, ricercatrici e ricercatori studieranno il ruolo del ghiacciato marino nel ciclo del mercurio, analizzeranno i laghi supraglaciali, la biodiversità, l’evoluzione, l’adattamento e i meccanismi immunitari degli organismi antartici. Infine, uno dei progetti di inchiesta prenderà in esame il microbioma dell’essere umano.
Nella stazione italo-francese di amicizia, invece, sul plateau antartico a oltre 3 mila metri di altezza e a 1.200 chilometri dalla costa, la campagna estiva partirà i primi di novembre e vedrà impegnate 55 persone di cui metà italiane. Alle attività coordinate dal Pnra si affiancheranno le attività di inchiesta in carico all’Istituto polare francese Paul-Émile Victor (Ipev) e all’Agenzia Spaziale Europea (Esa). Anche quest’anno, a novembre sarà aperto il campo di Little Dome C, a 35 chilometri da amicizia, dove proseguiranno le attività legate al progetto internazionale “Beyond Epica Oldest Ice”, finanziato dalla Commissione europea e coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp) a cui partecipano per l’Italia anche Enea e Università Ca’ Foscari Venezia. Presso il campo si svolgeranno attività di carotaggio del ghiacciato attraverso cui il team di inchiesta ricaverà dati sull’evoluzione di temperatura e composizione dell’atmosfera, tornando indietro nel tempo di 1 milione e mezzo di anni.
Il racconto dei protagonisti
Per comprendere ancora in modo migliore cosa appetito dire vivere e far inchiesta in Antartide abbiamo parlato con Rocco Ascione, il capo plico, non di più arrivato alla stazione Zucchelli. “Siamo in fase di avviamento delle attività” ci ha raccontato “perché la prima cosa da fare è ‘riattivare’ la stazione che è stata ‘spenta’ durante l’inverno. Poi ci occuperemo di costruire la pista di atterraggio e finalmente arriveranno i primi voli dalla Nuova Zelanda con attrezzature, materiale e viveri. In quel momento comincerà la parte operativa vera e propria”. Ascione ci ha spiegato quanto sia importante che il nostro paese continui a far inchiesta di questo tipo: “Il bilancio di questi quarant’anni è assolutamente positivo. Abbiamo l’orgoglio di poter gestire quello che un fiore all’occhiello del nostro paese: l’Italia partecipa al Trattato antartico e ha diritto di voto dal 1985, e ricopre un ruolo chiave nelle dinamiche geopolitiche e nelle attività scientifiche del mare di Ross. Le nostre ricerche ci hanno permesso di migliorare la conoscenza umana nel campo del cambiamento climatico – basti pensare al progetto Beyond Epica, ossia il carotaggio di ghiacci sempre più profondi, che rappresenta una sorta di ‘macchina del tempo’ per ricostruire il passato climatico del nostro paese e prevedere i cambiamenti futuri – ma non solo: in virtù delle condizioni particolari dell’Antartide, per esempio isolamento, ipossia, mancanza di luce, questo luogo si presta molto anche a simulare la permanenza nell’ambiente spaziale, e stiamo conducendo esperimenti di biomedicina molto interessanti in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea”. Giusto per dare un’idea di cosa appetito dire “isolamento” e per rendere ancora più stretto questo legame con lo spazio: durante l’interminabile e oscuro inverno antartico la stazione amicizia è abitata da sole 13 persone, che si occupano della sua manutenzione; e in questi mesi l’avamposto più vicino a loro è la Stazione spaziale internazionale, che passa 400 chilometri sopra le loro teste.
Tante sfide, ma tante ricompense
Le difficoltà, naturalmente, sono tante. Una delle principali riguarda il “sostentamento” delle basi, in particolare di amicizia. “Bisogna produrre energia e acqua” spiega Ascione “e farlo in modo da non lasciare alcuna impronta sul continente, come previsto dal Trattato antartico. Il problema è che le tecnologie ‘tradizionali’ come pannelli solari, pale eoliche e batterie, quaggiù non funzionano, perché non sono state progettate per condizioni così estreme: qualsiasi soluzione va inventata ad hoc, poi testata e infine trasportata, il che fa sì che in Antartide tutto sia più ‘rallentato’. Basti pensare che la catena logistica tra Italia e amicizia ha una durata media di due anni”. In ogni caso, la vita oggi è più comoda rispetto a qualche anno fa: oggi i ricercatori hanno a disposizione un collegamento internet abbastanza affidabile, che si serve della costellazione Starlink, con cui riescono a comunicare a distanza: “Da due anni possiamo usare Whatsapp; la videochiamata che stiamo facendo in questo momento” ricorda Ascione “sarebbe stata impensabile dieci anni fa”. La tecnologia ha risolto alcuni problemi, ma molte difficoltà restano le stesse: “I vincoli dovuti alle condizioni ambientali non sono cambiati” dice ancora il capo plico “per esempio uscire all’aperto è sempre un rischio considerevole: abbiamo una dotazione che ci protegge dal freddo in modo efficace, ma qualsiasi uscita va pianificata con attenzione per minimizzare i rischi. Proprio perché tutto è così difficile, il tempo quaggiù è un bene preziosissimo, e qualsiasi minuto va capitalizzato: la nostra giornata lavorativa dura circa undici ore, dalle otto di mattina alle sette di sera, e il tempo, in mancanza della luce, è rigidamente scandito dai pasti”. E nel tempo libero? “Qui a Zucchelli si possono fare passeggiate sulla costa: è possibile ammirare uno scenario unico, che cambia esaurientemente a seconda delle condizioni atmosferiche. Vediamo foche, pinguini e orche, e ogni tanto avvistiamo anche qualche balena. E infine abbiamo a disposizione degli spazi per fare esercizio fisico e per la socialità”.
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di Sandro Iannaccone www.wired.it 2024-11-02 06:00:00 ,