Lyle ed Erik Menendez sono stati l’espressione perfetta di quella che fu la Los Angeles della fine degli anni 80, la stessa Los Angeles, tra cinema e serial killer, che come non mai ha saputo raccontare alla perfezione uno dei più grandi autori americani dei nostri tempi, Bret Easton Ellis. Come i suoi personaggi, i fratelli Menendez, vivono del privilegio di appartenere alla classe più abbiente della città dei sogni; abitano a Beverly Hills, frequentano i maggiori contesti di formazione, e niente viene lasciato al caso nella loro vita programmata dal capostipite Menendez, José, raffigurazione perfetta del sogno americano. Ma cosa nasconde tutto questo?
Come analizzerà successivamente lo stesso Ellis in American Psycho, il frutto di un’America sempre più violenta ed eccessiva, legata soltanto ai dettami del consumismo, porterà alla conseguente formazione del nuovo prototipo di serial killer; un banchiere di Wall Street con la divinizzazione del proprio aspetto fisico, che spazia dalle serate alimentate da cocaina nei ristoranti più costosi di Manhattan, agli omicidi che descrive con dettagli altrettanto minuziosi.
Infatti i nostri protagonisti sono belli, atletici, perfetti nei loro capi firmati, destinati ad ereditare l’impero costruito dal padre. All’apparenza sembrerebbe assurdo pensare a ciò che commetteranno ma è proprio su questa ambivalenza che Murphy sfrutta tutto ciò che è in suo potere.
Canalizzandone la narrazione sull’aspetto spettacolare della storia, che ancora oggi coinvolge l’opinione pubblica su quale fosse l’effettivo movente che spinse i due fratelli ad organizzare un omicidio così spietato, Murphy costruisce i Menendez come i due protagonisti del capolavoro di Afred Hichtcock, Nodo alla gola. Entrambi ambivalentemente complici ma allo stesso tempo amanti di un segreto cosi difficile da portare, sembrano vivere di un rapporto incestuoso che li porterà per sempre a condividere la propria verità fatta di abusi e violenze psicologiche che il padre impartiva loro e di una madre assente a sapere di tutto ciò ma volutamente ignara delle possibili conseguenze.
I Menendez e Milli Vanilli
Anche in questo caso nelle scelte musicali, che sicuramente risultano più scarne rispetto all’epopea di Dahmer, Murphy e Thomas scelgono di affidarsi a uno dei casi discografici più strani e misteriosi degli anni 80, i Milli Vanilli. Come i Menendez anche i due componenti dei Milli Vanilli, Rob Pilatus e Fab Morvan, nascosero fin dal principio un segreto rivelato solo alcuni anni dopo la vittoria del Grammy Awards come migliori artisti esordienti. Come testimoniato anche dal documentario omonimo incentrato sulla loro ascesa e caduta, solo all’inizio degli anni 90 si scoprì che nessun pezzo da loro rilasciato fosse stato realmente eseguito dai due fratelli in arte, ma i loro volti era stati utilizzati soltanto come immagine della stessa band.