Eradicata ufficialmente negli anni ’70 in Italia, la malaria torna oggi a fare notizia nella nostra penisola. Lo scorso 7 novembre, infatti, era stato diagnosticato a Verona un caso ritenuto inizialmente autoctono della malattia. “E’ stato diagnosticato dall’Azienda Ospedaliera di Verona un caso di malaria autoctona in una persona senza storia di viaggi recenti in Paesi in cui la malattia è endemica”, così aveva comunicato la Direzione Prevenzione della Regione Veneto.
Tuttavia, dopo l’analisi epidemiologica, in collaborazione con l’Ulss 9 scaligera e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, è emerso che si tratta di un caso di importazione e, quindi, non autoctono. “A seguito di verifiche incrociate con l’Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera) è emerso, infatti, un recente viaggio all’estero in area endemica per malaria – inizialmente non dichiarato – che consente di classificare il caso come importato”, ha chiarito nella recente nota la Direzione Prevenzione della Regione Veneto.
Malaria sotto continua sorveglianza
La malaria, ricordiamo brevemente, è una malattia infettiva che non si trasmette da persona a persona, ma puramente attraverso il contatto con sangue infetto o la punzecchiatura di zanzare infette da un piccolo parassita, il protozoo del genere Plasmodium. “Il tipo di zanzare in grado di trasmettere questo parassita”, si legge nella nota, “non risulta ad oggi presente nel nostro territorio”. Tuttavia, è necessaria la massima attenzione verso una sorveglianza continua di questa malattia. Sebbene ,infatti, la quasi totalità dei casi sia d’importazione, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità (Iss), nel periodo 2013-2017 ci sono stati 12 casi di origine autoctona di cui 7 si sono verificati nell’estate del 2017. “In particolare: 4 erano casi indotti (causati da eventi accidentali quali trasfusioni o altra forma di inoculazione parenterale come trapianti, infezioni nosocomiali ecc.) e 8 considerati criptici dato che non è stato possibile stabilire l’esatta modalità e luogo di trasmissione”, spiegano gli esperti dell’Iss. In Italia, inoltre, Proseguono a essere presenti zanzare del genere Anopheles, potenziali vettori di malaria. “In particolare, Anopheles labranchiae, che storicamente è stato il vettore maggiormente implicato nella trasmissione delle infezioni plasmodiali nel nostro Paese, è ancora ampiamente diffuso lungo le coste delle Regioni centro-meridionali e delle isole maggiori, dove può raggiungere anche densità rilevanti”, si legge dall’Iss.
Sintomi e cura
La sintomatologia della malaria è molto variabile. Ci possono essere casi asintomatici a casi che hanno sintomi quali febbre, brividi intensi, sudorazione, mal di testa, nausea, vomito, dolori muscolari. Altri sintomi della malattia possono essere anemia, ingrossamento della milza e del fegato. Dato che i più comuni possono essere confusi con quelli di una brutta influenza, la conferma della diagnosi di malaria si ha con un esame microscopico del sangue o con test rapidi parassitologici. La malaria, tuttavia, non solo è prevenibile attraverso misure di prevenzione come ad esempio zanzariere e insetticidi, ma è anche curabile se diagnosticata e trattata tempestivamente, riducendo così il rischio di complicazioni gravi.
Le ipotesi
Fino a adesso, ossia fino a quando non è stato confermato come caso di importazione, sul caso di Verona erano già state avanzate diverse ipotesi, tra cui quella del fenomeno che gli infettivologi chiamano ‘malaria da bagaglio’, ossia al trasporto involontario di una zanzara da aree in cui c’è la malattia. “Ipotesi suggestiva e forse anche la più probabile nel caso specifico scoperto in Veneto” ha commentato all’Adnkronos Salute Massimo Andreoni, professore emerito di Malattie infettive dell’Università di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive tropicali (Simit). Sebbene il caso di Verona sia un evento già accorso, è è necessaria una indagine epidemiologica. “Innanzitutto – continua l’esperto – per stabilire se ci sono altri casi di malaria nella zona, quindi accertare se sia stata causata effettivamente da una ‘zanzara da bagaglio’ oppure se il potenziale vettore di plasmodio possa essere l’anofele labranchiae: zanzara autoctona che, dopo aver punto un soggetto infetto, potrebbe essere in grado di trasmettere la malattia. Quest’ultima ipotesi sarebbe grave e pericolosa”.
(Articolo modificato l’8 novembre 2024 alle 13:50)