Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca potrebbe avere un impatto rilevante sull’economia cinese. Come ricorda infatti Reuters, la politica commerciale aggressiva messa in campo dal tycoon durante il primo mandato, caratterizzata da dazi e limitazioni alle esportazioni tecnologiche, ha dato vita a conflitti commerciali che hanno deteriorato le relazioni tra le due maggiori economie mondiali.
Di fronte alla prospettiva di nuove misure punitive, Pechino sarebbe dunque pronta ad attuare una strategia diversa rispetto a otto anni fa, puntando su una maggiore autosufficienza tecnologica, consolidando le relazioni con i partner internazionali e accumulando riserve finanziarie per sostenere l’economia interna, del resto attualmente più fragile rispetto al 2016.
L’esperto di relazioni internazionali della Fudan University di Shanghai Zhao Minghao in particolare ha sottolineato che la Cina non reagirebbe con la stessa intensità vista all’inizio della prima presidenza Trump. La retorica di Pechino si è fatta più cauta, come dimostra il messaggio con cui il presidente Xi Jinping ha salutato l’elezione di Trump, chiedendogli “cooperazione” e auspicando relazioni “stabili, sane e sostenibili”. Una posizione più moderata, che riflette forse la volontà della Cina di mitigare l’impatto delle possibili frizioni commerciali.
Come cambia la Cina
Rispetto al 2016, l’economia cinese ha subito cambiamenti profondi. La crisi del settore immobiliare e il debito elevato hanno reso nel tempo più difficile per il paese orientale sostenere ritmi di crescita elevati, con stime scese attorno al 5% (-1,7% rispetto al passato). Allo stesso tempo, i giganti tecnologici cinesi sono meno dipendenti dalle importazioni statunitensi, risultato frutto delle politiche di autosufficienza avviate da Pechino in risposta ai limiti imposti da Washington.
Trump ha comunque già promesso di alzare i dazi sulle importazioni cinesi fino al 60%, una soglia significativamente più alta rispetto al primo mandato. Anche se alcuni esperti, come Zhao, prevedono che tali tariffe alla fine potrebbero essere inferiori, la possibilità preoccupa molti tra i produttori cinesi che ogni anno esportano beni per oltre 400 miliardi di dollari negli Stati Uniti.
Li Mingjiang, accademico della Rajaratnam School of International Studies di Singapore, prevede che all’aumento delle tariffe la Cina potrebbe rispondere varando ulteriori misure di stimolo economico. Il governo cinese ha già stanziato circa 1400 miliardi di dollari per sostenere la crescita, ma nuovi dazi potrebbero spingere Pechino a espandere ulteriormente i piani in questo senso per contrastare l’effetto negativo sulle esportazioni, sui posti di lavoro e sulle entrate fiscali.
Rapporti internazionali e comparto tech
Sul piano diplomatico, la Cina sta già intensificando gli sforzi per migliorare i rapporti con altri partner commerciali. Nel dettaglio, Pechino sta costruendo relazioni più solide con l’Unione europea e rafforzando le alleanze globali, per esempio attraverso gli incontri dei Brics e quelli dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai. In quest’ottica, il paese ha recentemente risolto una serie di dispute regionali, come quella con l’India sul confine conteso e quella con il Giappone sull’acqua radioattiva di Fukushima. Questi sforzi potrebbero aiutare Pechino a creare una rete di sostegno internazionale per mitigare gli effetti delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il comparto tecnologico, la prima guerra commerciale con gli Stati Uniti ha spinto la Cina a rivolgere sulla produzione interna. Il divieto imposto da Trump alla vendita di componenti alla società cinese Zte nel 2018 ha avuto un impatto significativo, spingendo Pechino a incentivare lo sviluppo autoctono di settori strategici come l’intelligenza artificiale e le esplorazioni spaziali. Tutto questo ha fatto aumentare il numero di progetti cinesi per la sostituzione di hardware e software stranieri in modo esponenziale negli ultimi otto anni.
Nonostante questi progressi, le aziende tecnologiche cinesi (specie quelle dei chip) risentono ancora delle limitazioni imposte dagli Stati Uniti. L’ex direttore della China Investment Corporation Winston Ma ha per esempio osservato come il regime sanzionatorio americano abbia esteso le restrizioni anche ai fornitori stranieri, limitando l’accesso della Cina ai semiconduttori più avanzati.
In questo senso, il futuro potrebbe essere ancor meno roseo: Nazak Nikakhtar, ex funzionario del dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, è convinto che Trump intensificherà le misure di controllo sulle esportazioni verso il paese asiatico, includendo anche gli affiliati e i partner commerciali delle società colpite.
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di Alessandro Patella www.wired.it 2024-11-08 13:43:00 ,