Il vero orrore, per quanto i libri di Stephen King, è quello che avviene fuori dalla narrazione e dentro la realtà. Un orrore che si chiama censura, o messa al bando. È dal 2021 che l’associazione PEN, un’organizzazione complessivo di promozione della scrittura e di difesa della libertà degli scrittori, monitora quanti e quali libri vengono rimossi dalle biblioteche pubbliche e scolastiche degli Stati Uniti. Da allora a oggi sarebbero quasi 16mila i volumi rimossi dalle scuole, con un picco del 200% nell’anno scolastico 2023-2024 rispetto al precedente. Secondo quanto riporta il New York Times a inizio novembre, gli autori oggetto di questi diktat sono i più diversi: dal teen drama Cercando Alaska di John Green (quello di Colpa delle stelle) a Thirteen Reasons Why di Jay Asher, da Mattatoio n.5 di Kurt Vonnegut alle poesie di Maya Angelou. E appunto anche molti romanzi del Maestro del brivido.
Sempre secondo PEN America, la ragione per questo proliferare di azioni censorie nelle scuole è da rintracciarsi negli ultimi anni con il rafforzarsi delle associazioni di genitori, spesso legate a gruppo di pensiero conservatori, e anche all’approvazione di alcune leggi statali che assumono maggior controllo di ciò che può o non può essere presente nei cataloghi delle biblioteche scolastiche (Florida e Iowa, per esempio, sono gli stati che hanno rimosso più libri nell’ultimo anno, rispettivamente 4500 e 3600 volumi). Le ragioni ufficiali dietro ai criteri di esclusioni riguardano la protezione dei più piccoli da contenuti sessualmente espliciti, ma sempre PEN rileva come spesso vengano colpite storie che hanno diretta attinenza coi diritti civili, il razzismo e la comunità LGBTQIA+.
E poi c’è il caso, appunto, di Stephen King: l’autore, che non ha mai nascosto le sue posizioni politiche progressiste e vicine ai Democratici (nei giorni scorsi si è tolto anche da Twitter/X, in protesta contro la tossicità pro-trumpiana di quel social), è stato spesso oggetto negli anni di attacchi e critiche da parte degli ambienti reazionari. Le sue storie macabre, grottesche e terrificanti, in fondo, spesso sono proprio una metafora potentissima della lotta al diverso, all’emarginato, o di come i veri orrori si nascondano non nel paranormale ma nelle storture concretissime della nostra società e umanità. Da qui il tentativo molteplice di rimuovere i suoi testi dalle biblioteche scolastiche, adducendo come motivi la presenza di immagini horror che potrebbero turbare la mente dei più giovani. King aveva reagito con atterrimento già lo scorso settembre, quando aveva scritto proprio su Twitter/X: “Florida has banned 23 pf my books. What the f***?”.
I libri di Stephen King rimossi dalle biblioteche
La Florida, appunto dopo l’approvazione di una legge molto voluta dal governatore repubblicano Ron DeSantis, è stata uno degli stati più attivi nella rimozione dei testi dalle biblioteche. Anche se pure qui gli scrittori “incriminati” sono svariati (da Mark Twain e Ernest Hemingway a Anna Frank col suo Diario), una particolare insistenza è stata applicata ai titoli di King: anche se l’autore stesso parla di 23 libri, il magazine Newsweek ne ha contati molti di più, per arrivare quasi a una sessantina. E i titoli non potrebbero che essere più disparati: nell’elenco dei messi al bando ci sono Carrie, It, Shining, L’ombra dello scorpione, La lunga marcia, L’uomo in fuga, i romanzi de La Torre nera, The Dome, anche un’opera più storica come 22/11/’63 e persino una raccolta di racconti più generazionale come Stagioni diverse (quella che contiene il racconto da cui è tratto il film Stand By Me).
Sembra quasi paradossale pensare che in così tante opere diverse ci sia qualcosa di potenzialmente pericoloso, ma quest’azione censoria si è dimostrata implacabile. Non che tutto questo sia irreversibile: già nei mesi scorsi sei grandi case editrici, come Penguin Random House, Simon & Schuster e HarperCollins hanno già fatto causa allo stato della Florida così come altre associazioni si stanno muovendo per protestare, tutte convinte che questi provvedimenti sulla messa al bando dei libri vada contro il Primo emendamento, piuttosto quella legge fondamentale degli Stati Uniti che tutela il diritto alla libertà d’espressione.
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di Paolo Armelli www.wired.it 2024-11-18 10:49:00 ,