Tuttavia, la sua regia negli anni è diventata stanca e ripetitiva; ancorata a modelli che potevano andare bene per la Riley bambina, ma diventati esorbitante infantili e ridicoli per quella più grandicella, è rimasta a galla grazie al sostegno della sua assistente alla regia Janelle, creativa e super talentuosa. Incapace di separarsene, ne tarpa la carriera, finché Janelle decide di intraprendere la carriera da regista con una nuova troupe. Quando Paula cerca di arrangiarsi da sola – solo per fare un disastro che trasforma il sogno di Riley in un grottesco incubo – appare chiaro ai produttori che supervisionano Paula che la sua carriera abbia imboccato il viale del tramonto, mentre quella di Janelle è proiettata verso un fulgido futuro. Attorno alla regista “bollita” e all’astro nascente si muovono altre figure tipiche come la produttrice zelante, lo sceneggiatore avant-garde Xeni (doppiato dalla voce inconfondibile di Richard Ayoade di The It Crowd) e l’attrice primadonna.
Il paragone con la supercinica Boris è eccessivo; Dream Productions è più un incrocio tra I protagonisti di Altman e Ed Wood di Burton. La produzione è collocata tra gli eventi di Inside Out e Inside Out 2. Realizzata assieme al sequel, col quale ha goduto di un ampio budget, è pressoché qualitativamente allo stesso livello: uno spettacolo. La miniserie vanta almeno un paio di numeri musicali memorabili, e la componente citazionista aumenta di molto il divertimento per i cinefili, (specialmente per chi “c’era” negli anni ’80). La trama è scandita dai tentativi di Paula di ritrovare l’ispirazione e il successo, evitando di venire licenziata. Per mantenere lo status quo è disposta a tutto, anche a inibire la carriera di Janelle e scippare le idee di Xeni. La disgraziata filmmaker è un personaggio tragicomico e tendenzialmente negativo: egoista, egocentrica ed egoriferita, tiene più a sé stessa e alla propria posizione che a Riley e al suo benessere.