I datori di lavoro possono fare richiesta al governo di assumere lavoratori migranti. Si suppone poi che vengano abbinati a un candidato qualificato. Si tratta però di un processo lungo, che può durare anche un anno e che non consente ai candidati di recarsi in Italia per i colloqui preliminari.
“Come si può essere il candidato ideale se si può entrare nel Paese sette o otto mesi dopo la richiesta del datore di lavoro?”, si chiede l’avvocato Alberto Guariso, membro dell’Asgi, un’associazione legale specializzata nel sostegno agli immigrati.
Nel 2023, la legislazione è diventata ancora più severa, rendendo ammissibili all’immigrazione per motivi di lavoro solo i cittadini provenienti da Paesi che hanno stipulato accordi specifici con l’Italia, compresi quelli che si battono contro la cosiddetta immigrazione clandestina.
In media, le condizioni di lavoro non migliorano nel corso degli anni per gli immigrati che decidono di rimanere in Italia. Coloro che sono nel Paese da meno di 10 anni hanno maggiori possibilità di essere sovraqualificati rispetto ai nativi con istruzione universitaria. La disparità si riduce se si vanno a confrontare dati su italiani ed immigrati che vivono in Italia da più di dieci anni, ma rimane comunque la più alta in Europa.
In Italia, l’esclusione degli immigrati di talento sembra essere esacerbata, piuttosto che mitigata, da disposizioni a livello statale. In particolare, gli immigrati con un “visto ad alta qualifica” non possono lavorare negli ospedali pubblici e nelle istituzioni governative, che tendono ad accettare solo candidati di nazionalità italiana o dell’Ue, la cui specializzazione in gestione della salute pubblica è stata utile durante la pandemia.
Secondo Guariso, basterebbe cambiare un solo articolo del diritto del lavoro per rendere il settore pubblico definitivamente più inclusivo. “È un problema relativamente facile da risolvere, ma nessuno vuole metterci le mani”, dice l’avvocato. “Abbiamo molte lamentele da parte di persone che potrebbero e vorrebbero esercitare la professione di medico in Italia, ma che rimangono invischiate in questo grande pasticcio. Dopo un po’ si stufano e vanno in Germania, Inghilterra o altrove dove possono incassare di più”.
La lotta per il futuro
Angelina, invece, non ha intenzione di lasciare lo stivale. Dopo oltre un anno di attesa, riceve una risposta cautamente ottimistica dal incarico della Salute italiano in merito al riconoscimento del suo diploma. Tuttavia, uno dei documenti presentati, una fotocopia, è ritenuto non valido. Le vengono concessi tre mesi di tempo per inviare l’originale, che si trova nella sua città natale, nel nord del Venezuela.
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di Giada Santana www.wired.it 2024-12-19 06:00:00 ,