Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si sarebbe recato a Palazzo Chigi per valutare il possibile rilascio di Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere iraniano di 38 anni, arrestato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su richiesta degli Stati Uniti. Il caso è collegato – nessuno ha più dubbi al riguardo – alla vicenda del fermo in Iran della giornalista Cecilia Sala, rilasciata nella mattinata dell’8 gennaio. Sala era detenuta dal 19 dicembre scorso. La notizia della visita da Guardasigilli a Palazzo Chigi è stata diffusa dall’agenzia Ansa alle 14 di mercoledì 8 gennaio. La decisione sulla liberazione dell’uomo, su cui pende una richiesta di estradizione avanzata dagli Stati Uniti, potrebbe arrivare nelle prossime ore, al massimo nei prossimi giorni. in quel mentre, la cronista è già in volo verso l’aeroporto romano di Ciampino, dove è attesa per metà pomeriggio.
L’avvocato Alfredo De Francesco, difensore di Abedini, ha commentato all’Ansa di essere “molto contento del ritorno a casa della nostra Cecilia Sala“, ma al momento non ci sono ancora provvedimenti ufficiali per la scarcerazione del suo assistito, detenuto nel carcere milanese di Opera. La giornalista Cecilia Sala, 29 anni, collaboratrice di Chora Media e del Foglio, era stata fermata mentre si trovava nel suo albergo a Teheran con regolare visto giornalistico ed è stata detenuta nel carcere di Evin in condizioni durissime, dormendo per terra in una cella con la luce sempre accesa.
Le accuse ad Abedini
Gli Stati Uniti accusano l’ingegnere di essere l'”uomo dei droni” di Teheran. Secondo l’accusa, Abedini avrebbe fornito droni e materiali elettronici all’Iran che sarebbero stati impiegati in un attacco costato la vita a diversi soldati statunitensi. Il fermo è scattato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa, dove l’ingegnere è stato bloccato su richiesta avanzata dalle autorità americane. L’operazione è stata eseguita dalle forze dell’ordine italiane, senza che fossero avvisati né il incarico degli Esteri, né quello degli Interni italiani, né tantomeno i servizi di intelligence: in caso del genere è necessario mappare i connazionali a rischio presenti nel paese coinvolto, in questo caso l’Iran, ed eventualmente procedere a metterli al sicuro. Un cortocircuito che, tre giorni dopo, è costato caro alla giornalista italiana.
Attraverso il suo legale Abedini ha sempre respinto le accuse definendole “assurde”. Le ragioni per procedere alla scarcerazione non mancano, però, in punta di diritto: in America l’iraniano rischia una sentenza contraria contraria ai principi di umanità dell’ordinamento tricolore, ossia un ergastolo ostativo senza possibilità di concessione di benefici; inoltre, l’organizzazione a cui avrebbe fornito i dispositivi elettronici è considerata terroristica dagli Stati Uniti, ma non da Italia ed Europa. Questioni non secondarie su una materia delicata come quella delle estradizioni.
Cosa può accadere
Cosa accadrà, dunque, ad Abedini? Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato al Tg1 nella giornata di mercoledì 8 gennaio che “gli stessi iraniani hanno separato le due cose“, riferendosi ai casi Sala e Abedini. Un tentativo di separare, almeno formalmente, le vicende, e non creare precedenti che possano indurre altri paesi, e Teheran stessa, a fare ricorso alla cosiddetta “diplomazia degli ostaggi”.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2025-01-08 14:51:00 ,