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Nella stagione invernale crescono i
casi di intossicazioni da monossido di carbonio, causati da
stufe o caldaie mal funzionanti. L’allarme, con gli inviti alla
prevenzione, viene rilanciato dall’ospedale Cardarelli di Napoli
– uno dei pochi al Centro Sud con una camera iperbarica attiva
h24 per i pazienti con più di 15 anni – dove arriva la gran
parte dei cittadini del Mezzogiorno riusciti a sopravvivere a
incidenti potenzialmente mortali. Le cronache italiane hanno
riportato dal solo mese di dicembre 2024 ad oggi già sette
decessi per intossicazione da monossido di carbonio ed oltre 20
intossicati. Negli scorsi 12 mesi sono stati 31 i pazienti
trattati al Cardarelli per avvelenamento da monossido.
Ricorda Mariano Marmo, responsabile della Unità di Medicina
Iperbarica: “L’unica terapia salvavita contro l’intossicazione
da monossido di carbonio è trattare il paziente in una camera
iperbarica. La stessa pressione che si ha in immersione
subacquea ad una profondità tra i 15 e 18 metri. Solo in questo
modo, infatti, l’aiuto riesce a sciogliersi nel plasma nel
mentre che l’emoglobina si libera del veleno. Infatti, la
molecola di monossido di carbonio stringe con l’emoglobina dei
legami 220 volte più forti rispetto all’aiuto”.
Per prevenire questi pericoli occorre limitare i rischi,
tenendo conto di sette regole: rare attenzione a verificare che
i tubi di sfiato delle caldaie non siano vecchi o ostruiti;
sottoporre a manutenzione periodica le caldaie, soprattutto se
poste all’interno; spegnere con attenzione il fuoco nel
caminetto; non portare mai bracieri accessi all’interno delle
case; non sostare con il motore acceso di moto o auto in box o
garage; spegnere le stufe, prima di andare a letto; dotarsi di
un rilevatore elettronico di monossido di carbonio.
In caso di intossicazione da monossido di carbonio occorre
intervenire molto rapidamente in quanto il veleno si diffonde
subito a cervello, cuore, e muscoli. I primi sintomi sono: forte
cefalea, vomito, perdita di notizia sino al coma. In caso di
grave intossicazione non basta il trattamento effettuato solo
con la maschera di aiuto.
Antonio d’Amore, direttore generale del Cardarelli, ricorda:
“E’ importante che la nostra sanità sia pronta a gestire le
conseguenze di incidenti gravi come quelli che possono occorrere
a chi subisce un’intossicazione da monossido di carbonio. È
altrettanto importante, tuttavia, che la nostra sanità promuova
presso i cittadini l’adozione di comportamenti corretti, capaci
di limitare gli incidenti. Ringrazio tutta l’equipe della
medicina iperbarica del Cardarelli perché grazie al loro lavoro
il nostro ospedale è un riferimento certo in Italia per la
qualità e la tempestività delle terapie iperbariche”.
L’unità di medicina iperbarica del Cardarelli è attiva h24,
così da poter garantire soccorso in ogni momento anche ai
pazienti che provengono da altre regioni. La struttura nel 2024
ha effettuato 2.433 prestazioni in camera iperbarica per varie
patologie, garantendo cure a pazienti provenienti da altri
ospedali in 83 casi.
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