L’appello alla libertà di parola ricorda da vicino quello di Musk, anche se nel caso di Meta non si tratta tanto di un’adesione a ideali astratti quanto di uno sforzo concertato per ingraziarsi Trump e il mondo Maga. Meta ha passato anni a cercare senza successo di contrastare le affermazioni faziose dei conservatori sulle sue piattaforme e ora ha selezionato di abbandonare del tutto la lotta.
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Il prezzo rischia però di essere alto. Il fact-checking non è ineccepibile e le Note della colllettività possono essere efficaci come parte di un sistema di moderazione più ampio. Ma c’è poco nell’annuncio dei cambiamenti che faccia sperare in un miglioramento.
“Da quello che ho visto finora, sembra che sarà un disastro totale“, afferma Alex Mahavedan, direttore del progetto di alfabetizzazione digitale del Poynter Institute, MediaWise. Ponendo così tanta enfasi su un concetto così nebuloso come la “libertà di parola” come obiettivo finale – e senza considerare che il fact-checking è esso stesso una forma di espressione – Meta rischia di cadere in un permissivismo che permetterà alla disinformazione di prosperare, aggiunge Mahavedan. Non è il solo a pensarla così.
“Meta è sempre stata una casa per la disinformazione russa, cinese e iraniana – sostiene Gordon Crovitz, co-amministratore delegato di NewsGuard, una società che fornisce uno strumento per valutare l’attendibilità delle informazioni online –. Ora, a quanto pare, ha nitido di spalancare radicalmente le porte”.
Come detto, il fact-checking non è perfetto. Croviz afferma che NewsGuard ha già individuato diverse “false narrazioni” sulle piattaforme di Meta. E il modello delle Community notes con cui l’azienda sostituirà i suoi battaglioni verificatori delle informazioni può anche essere efficace, in una certa misura. Ma le ricerche di Mahavedan e altri hanno dimostrato che le soluzioni in crowdsourcing non riescono a individuare ampie sacche di disinformazione. E se Meta non si impegna a garantire la massima trasparenza nel modo in cui la sua versione verrà implementata e utilizzata, sarà impossibile sapere se i sistemi funzionano.
È anche improbabile che il passaggio alle Note della collettività risolva il problema della “parzialità” di cui i dirigenti di Meta si preoccupano tanto, dal momento che sembra opinabile che questa faziosità sia mai esistita. “La motivazione dietro tutti questi cambiamenti nelle politiche di Meta e nell’acquisizione di Twitter da parte di Musk è l’accusa secondo cui le aziende di social media sarebbero prevenute nei confronti dei conservatori – ha dichiarato David Rand, scienziato comportamentale del Massachusetts Institute of Technology –. Ma non ci sono prove concrete che sia così“.