Poco dopo le 8 (ora italiana) di oggi il razzo New Glenn della società spaziale statunitense Blue Origin ha lasciato per la prima volta la Terra da Cape Canaveral in Florida, inserendosi in un’orbita intorno al nostro pianeta. Il lancio era atteso da tempo perché New Glenn è considerato il primo razzo in grado di fare realmente concorrenza ai sistemi di lancio di SpaceX, la società spaziale che solo l’anno scorso ha effettuato più di 100 lanci; saranno comunque necessari altri test prima di raggiungere l’efficienza dei suoi razzi Falcon 9 e Falcon Heavy. Secondo Blue Origin il lancio è stato un successo, anche se non tutto è andato per il verso giusto.
New Glenn è un razzo alto 98 metri, ha un diametro di 7 metri ed è formato da due stadi: il primo, nella parte sottostante, ha il compito di spingere il secondo oltre l’atmosfera e di staccarsi una volta esaurito il combustibile, in modo da non diventare un’inutile zavorra. Come i razzi di SpaceX, anche quello di Blue Origin è stato pensato per essere parzialmente riutilizzabile: quando si scollega dal secondo stadio, che prosegue verso l’orbita, il primo torna sulla Terra in modo da poter essere riutilizzato (è più grande e ha più motori, quindi è la parte più costosa del razzo).
Nel test di oggi, il primo stadio si è regolarmente separato dal secondo, ma a causa di un malfunzionamento si è distrutto nella fase di ritorno, mancando quindi il proprio obiettivo: atterrare su una piattaforma galleggiante nell’oceano Atlantico che lo avrebbe poi riportato sulla terraferma. Non è ancora chiaro che cosa non abbia funzionato, ma i responsabili di Blue Origin hanno spiegato che il ritorno del primo stadio era un obiettivo secondario rispetto a raggiungere l’orbita. La possibilità di recuperare il primo stadio è comunque essenziale per rendere sostenibili le attività di lancio, e soprattutto per offrirle a prezzi concorrenziali rispetto a SpaceX.
Jeff Bezos, il capo di Blue Origin conosciuto soprattutto per avere fondato Amazon, ha assistito al lancio di New Glenn manifestando un certo sollievo, visti i numerosi ritardi accumulati in questi anni. La società fino a oggi offriva solamente voli suborbitali (vale a dire senza inserimenti in orbita) per sperimentare l’assenza di peso per qualche minuto ai “turisti spaziali” con New Shepard, un razzo molto più piccolo, e aveva iniziato a lavorare a New Glenn nel 2012, rivelando piani più dettagliati circa quattro anni dopo.
La società confidava di poter realizzare il primo lancio inaugurale nel 2020, ma la pandemia da coronavirus e altri imprevisti avevano fatto via via slittare la data. Bezos aveva insistito per un volo inaugurale entro la fine del 2024, fissando una data intorno a Natale, ma a causa delle condizioni meteo non favorevoli sull’Atlantico si erano resi necessari nuovi rinvii. Altri problemi tecnici avevano impedito il lancio all’inizio di questa settimana, portando infine alla nuova data del 16 gennaio.
New Glenn ha una capacità al lancio, vale a dire la massa che può trasportare in orbita, paragonabile a quella del Falcon Heavy, attualmente il razzo più potente di cui dispone SpaceX, ma meno utilizzato rispetto ai Falcon 9 più che sufficienti per buona parte delle consegne in orbita. Nonostante il successo di oggi, Blue Origin è comunque indietro rispetto a SpaceX, ma confida di poter recuperare e si è posta obiettivi ambiziosi. Entro un anno la società vuole raggiungere un ritmo di almeno 1-2 lanci al mese di New Glenn, una frequenza distante da quella di SpaceX che effettua spesso più di un lancio a settimana, ma comunque superiore a quella di qualsiasi altra società che si occupa di lanci spaziali.
Uno dei principali clienti di Blue Origin sarà Amazon, interessata a costruire in orbita Project Kuiper, una costellazione di satelliti per portare Internet dallo Spazio. Anche in questo caso il progetto avrà come concorrente diretta SpaceX, che ormai da anni offre lo stesso servizio grazie al proprio sistema Starlink che conta ormai più di 7mila satelliti in orbita. Blue Origin avrà comunque diversi altri clienti, compresa la NASA per il trasporto di materiale nell’ambito dei suoi rinnovati progetti per l’esplorazione della Luna.
Molti dei piani spaziali degli Stati Uniti dipenderanno comunque dalle decisioni di Donald Trump, che si insedierà per il secondo mandato da presidente il prossimo 20 gennaio. Trump ha rapporti molto stretti con Elon Musk, uno dei suoi principali finanziatori nonché il capo di SpaceX. Musk fa da tempo pressioni per intensificare le attività legate all’esplorazione di Marte, lasciando in secondo piano il programma lunare Artemis nel quale è comunque coinvolto, visto che dovrà essere la sua enorme astronave Starship a portare i primi astronauti sulla Luna dal 1972. Bezos ha lavorato molto per ottenere contratti e commissioni dalla NASA e negli ultimi tempi ha mostrato una certa accondiscendenza nei confronti di Trump in vista della sua nuova presidenza, che potrà influire molto sul futuro di Blue Origin.