A piccoli passi verso la normalità. Con l’arrivo della primavera, il mondo del calcio prova a riavvicinare i tifosi. Con i dovuti distinguo, con grande prudenza ma anche con una buona dose di coraggio: la pandemia è tutt’altro che superata. Durante le gare di qualificazione ai Mondiali 2022 gli stadi sono tornati a popolarsi in alcuni Paesi: più di qualcuno si è sorpreso nel vedere gli spalti non più desolati ma di nuovo colorati dai (pochi) fortunati che hanno finalmente potuto riammirare dal vivo i propri beniamini.
L’Olanda va, la Turchia frena
Per Olanda-Lettonia all’Amsterdam Arena erano in 5000, a Tbilisi per Georgia-Spagna addirittura il triplo. E nella terra dei tulipani anche in campionato si è provato l’esperimento di aprire a un ristretto numero di tifosi, autocertificati e tamponati al fischio finale: un solo positivo su 2600 test effettuati. Una strada che aveva pensato di seguire anche la Turchia: era tutto pronto per accogliere 10 mila persone all’Ataturk per la sfida alla Lettonia, ma all’ultimo le autorità hanno fatto retromarcia: il presidente Erdogan potrebbe varare nuove misure restrittive per contrastare il coronavirus e riempire per il 15% della capienza lo stadio di Istanbul sarebbe stato un rischio troppo grande.
In Russia lo Zenit offre il vaccino
Diverso l’approccio che sta seguendo la Russia, in cui il vaccino equivale a un lasciapassare: chi poteva esibire un certificato di avvenuta immunizzazione ha assistito senza problemi alla sfida contro la Slovenia di sabato scorso. E del fatto che la chiave per ripopolare subito gli impianti sia il vaccino è convinto anche lo Zenit San Pietroburgo, che ha offerto il siero Sputnik V ai propri tifosi che acquisteranno un biglietto per le prossime partite casalinghe. Con un avviso ai propri fan: vista la possibilità di code, arrivate con congruo anticipo onde evitare di perdervi anche un solo minuto del tanto desiderato ritorno al calcio dal vivo.
Prove generali in UK
Ma se c’è un Paese che in Europa può raccogliere i frutti di una campagna di vaccinazione capillare ed efficiente, quello è il Regno Unito. E infatti il premier Boris Johnson, che può vantare più di 30 milioni di dosi già somministrate ai suoi concittadini, ha preannunciato la riapertura degli stadi per il prossimo 17 maggio, con il limite di diecimila persone. Ma Oltremanica sono parecchio ambiziosi, tanto che nelle scorse settimane si sono addirittura offerti di ospitare l’Europeo che nelle intenzioni della Uefa dovrebbe essere itinerante: già nelle semifinali di FA Cup in programma il 17 e 18 aprile avverrà una parziale riapertura, una sorta di test per valutare l’effetto del ritorno dei tifosi sulla curva dei contagi. Possibile, anche in questo caso, che al pubblico venga richiesto di esibire all’ingresso il certificato di avvenuta vaccinazione o un tampone negativo effettuato nelle 48 ore precedenti.
Ma in Europa comanda il timore
Pure le autorità danesi si sono dette pronte a riaprire parzialmente gli stadi. Ma si tratta comunque di sparute eccezioni: la maggior parte dei Governi europei non si sente ancora pronta ad allentare le restrizioni. Se la Spagna, in cui recentemente è andato in scena il primo concerto rock senza distanziamento sociale per i 5000 presenti, spera di proseguire su questa scia e riaprire a fine aprile, in Francia, Germania e Italia tutto tace: il rigoroso approccio di Macron, Merkel e Draghi sembra lasciare poco spazio alla fantasia degli amanti del pallone, almeno a stretto giro di posta. Nel nostro Paese, gli stadi sono vuoti dallo scorso 25 ottobre, dopo il Dpcm dell’ex premier Conte che ha mandato in archivio la breve parentesi del via libera a 1000 persone negli impianti all’aperto e 200 al chiuso.
L’Uefa dice no all’Europeo senza tifosi
Il punto è che l’Uefa vuole sapere al più presto se le 12 sedi dell’Europeo che inizierà l’11 giugno sono disponibili a ospitare il pubblico: dalle parti di Nyon non vogliono sentire parlare di un Europeo a porte chiuse. Finora, nessuno si è tirato indietro e le città che erano state scelte sono quindi tutte confermate: Roma, Londra, Amsterdam, Monaco di Baviera, Dublino, Budapest, San Pietroburgo, Copenaghen, Bilbao, Bucarest, Glasgow e Baku. Ma il momento della verità è arrivato: chi entro il 7 aprile non potrà garantire la riapertura, anche in forma parziale, verrà depennato dall’Uefa.
Cose dell’altro mondo
Se nel Vecchio continente si pensa all’imminente Europeo, in Giappone la testa è alle Olimpiadi: il Comitato organizzatore ha annunciato che a Tokyo non potranno arrivare tifosi dall’estero, ma nel Paese del Sol Levante gli stadi sono già aperti alla popolazione locale, in quello che può essere considerato un esperimento in vista dei Giochi estivi per stabilire a quanti fan permettere di seguirli dal vivo. In Cina invece gli impianti sono accessibili ormai dallo scorso agosto: a novembre il Jiangsu ha potuto festeggiare con i propri tifosi il suo primo campionato vinto. Merito dei rigidi protocolli di Pechino per quanto riguarda ingressi dall’estero e tracciamento dei contatti. E le pesanti restrizioni hanno permesso anche ad Australia e Nuova Zelanda di essere ormai “Covid free” e di poter stipare nuovamente gli stadi di tifosi senza mascherine. Immagini che ci fanno effetto, ma che poco più di dodici mesi fa erano la normalità: quella di cui si sente un tremendo bisogno.