Tre papaline rosse. Tre cardinali in fila sulla copertina del nuovo numero dell’Espresso, a simboleggiare il Vaticano. Perché se solo uno, Angelo Becciu, è il porporato che sarà processato per aver saccheggiato l’Obolo di San Pietro, è vero che anche l’intera Curia è stata macchiata dallo scandalo che l’Espresso ha rivelato quasi un anno fa.
Massimiliano Coccia scrive un altro capitolo della vicenda che intreccia monsignori, finanzieri, faccendieri, ex ministri, ex sottosegretari. Vittorio Malagutti mette a fuoco uno dei raider coinvolti nell’inchiesta, Raffaele Mincione. Altro scandalo, altro faccendiere: Enrico Bellavia e Antonio Fraschilla fanno i conti in tasca all’avvocato Amara, scoprendo dove ha investito i soldi guadagnati con i suoi traffici, e come sta cercando di nasconderli alla giustizia.
In politica, spiega Marco Damilano nel suo editoriale, avanza il progetto di un grande centro che unisca Renzi e Salvini tagliando fuori Meloni e 5Stelle. La prova del fuoco, ricostruisce Susanna Turco, è l’affossamento della legge Zan, ma il vero obiettivo è scegliere il prossimo inquilino del Quirinale.
Dei diritti negati della comunità Lgbt+ scrive Pietro Turano, mentre Gaia Van Der Esch invita a monitorare il potere delle donne; Francesco Occhetta e Paolo Aquilanti invece indicano la strada di una nuova gestione delle carceri, dopo lo scandalo di Santa Maria Capua Vetere.
Sofia Ventura esorta a leggere con cura il manifesto sovranista che unisce Salvini e Meloni al premier ungherese, prima di illudersi che si possa costruire qualcosa di buono insieme a una destra che pur di non fare i conti con il fascismo lo fa sparire dalla storia del Novecento europeo.
Continua la rievocazione del G8 di Genova firmata da Simone Pieranni. Questa settimana si entra nei dettagli del raid alla scuola Diaz che vent’anni dopo – racconta Matteo Macor – ospita maturandi pieni degli stessi ideali dei giovani che nel luglio 2001 accorsero a Genova da tutto il mondo. Doveva essere tra loro anche Alexis Tsipras: ma la polizia rimandò in Grecia il suo pullman, e oggi ricorda a Federica Bianchi i frutti che ha dato quella vampata di impegno dei giovani no-global.
Sul fronte della lotta alla pandemia, un lungo servizio scandito da un reportage di Laura Lezza fa il punto sui fondi per la sanità (di Gloria Riva), sulle terapie post-Covid19 (di Sara Lucaroni) e sulla necessità di abolire il brevetto dei vaccini (di Antonio Nicita e Ugo Pagano).
In Germania la campagna elettorale si infiamma a spese della grande favorita, la leader verde vittima di una campagna social forse orchestrata dai soliti hacker russi: ne scrive Roberto Brunelli, mentre Peter Schneider spiega a Stefano Vastano che nulla riuscirà a spegnere la sete di cambiamento dei tedeschi.
Altan proclama il diritto al silenzio, Makkox gioca sul rapporto tra Mario Draghi e i social, Mauro Biani contrappone poveri e porporati, Michele Serra rivela l’appoggio ante litteram della Carrà alla legge Zan. E mentre Bernardo Valli invita a riscoprire il film “Porte Aperte, Matteo Nucci porta l’attenzione sulla parola della settimana: controra.
E L’Espresso chiude con una chiacchierata di Eskol Nevo e Wlodek Goldkorn sul romanzo che ha ispirato il nuovo film di Nanni Moretti e con una ricostruzione della “factory romana” che ha visto nascere i Maneskin (di Gino Castaldo). Francesca Mannocchi festeggia i cinquant’anni di Medici Senza Frontiere e Donatella Di Pietrantonio racconta una storia di integrazione riuscita: quella che a Pescara ha unito le solitudini della novantenne Veneranda e del giovane senegalese Ousmane.