Il regista Abel Ferrara ha voluto omaggiare il poeta ed artista completo Pier Paolo Pasolini con un film incompleto e irregolare sul suo ultimo giorno di vita.
Un arduo proposito quello di mettere in scena la vita di un personaggio così rivoluzionario e oscuro, ma scaturito da una profonda passione e un attento studio degli scritti pasoliniani.
Il sogno di una cosa
Una narrazione che non si può definire tale, perché frammentata e visionaria, ma soprattutto perché certe cose sono esperibili solo attraverso il corpo, come sosteneva Pasolini. Si tratta di una successione di storie e ognuna di esse è densa di significati, i quali sono compito dello spettatore recepire.
Willem Dafoe è un protagonista calzante, grazie al volto segnato dal tempo e allo sguardo intenso, riesce a comunicare la giusta inquietudine morale mista ad una dose abbondante di pessimismo culturale.
Ferrara mostra il dolce rapporto dell’artista con la madre che amabilmente lo chiama col nomignolo friulano “Pieruti”, i suoi incontri con gli amici, ma anche le sue proiezioni oniriche delle opere a cui stava lavorando.
La prima proiezione è quella che raffigura Carlo, il protagonista del romanzo incompleto Petrolio, un uomo d’affari che lavora all’Eni e che risulta sdoppiato, a metà tra l’angelico e il diabolico.
La seconda rappresentazione immaginaria rappresenta, invece, l’opera incompiuta Porno-Teo-Kolossal, nella quale il protagonista doveva essere Eduardo De Filippo nel ruolo di Epifanio, un Re Mago alla ricerca di una cometa che lo conducesse alla verità.
Nel film Eduardo De Filippo è interpretato magistralmente da Ninetto Davoli, il grande amore di Pasolini, con un’ampia gestualità ed espressioni spontanee.
Teorema
Una chiave di lettura del film è sicuramente l’intervista del giornalista Furio Colombo, in un faccia a faccia sofferente e fatalista, in cui lo scrittore corsaro manifesta tutta la sua sfiducia nell’umanità e soprattutto nei poteri forti (chiamati da lui “borghesia”).
“Non ci sono più esseri umani ma macchine che si scontrano tra loro […]. Io scendo all’inferno e so molte cose che per ora non disturbano la pace degli altri, ma state attenti, l’inferno sta salendo da voi. È vero sì, indossa diverse uniformi e porta maschere differenti. Siamo tutti vittime, tutti colpevoli, ma la voglia (il bisogno) di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere è forte e riguarda tutti. E non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha toccato la vita violenta”.
Questa è la lungimiranza di un intellettuale che aveva previsto l’appiattimento culturale e l’abbrutimento civile a cui avrebbe portato la società dei consumi.
Anche la battuta di congedo dal giornalista è intrisa di pessimismo: “Ce l’hai un titolo? Siamo tutti in pericolo?”.
In questa regia lenta, attenta ai dettagli e ricca di primi piani si riesce a cogliere la solitudine e il mal de vivre baudelairiano di un grande uomo, tanto intellettuale e politicamente impegnato quanto dissoluto nelle sue depravazioni notturne.
Abel Ferrara tenta con difficoltà di restituire la parte più idealista di Pasolini e lo fa in maniera allegorica, riuscendo soltanto a sfiorare l’inferno che perseguitava Pasolini.
Inizialmente non si percepisce la Roma dell’epoca, quella vissuta e consumata da Pier Paolo, cupa, violenta, fatta di vicoli percorsi al buio.
I “ragazzi di vita” sono genuini ma al tempo stesso pronti a tutto, ma nel film sembrano quasi inconsistenti, mancanti di quella verve da sempre descritta dall’autore.
Ma poi qualcosa cambia durante la prosecuzione del film, in particolare durante l’incontro fatale tra Pasolini e il giovanissimo Giuseppe Pelosi, il quale è verace, sfrontato e soprattutto parla un romanesco di borgata.
La commare secca
La scena finale, che inizia con l’incisivo canto delle lavandaie del Vomero interpretato da Roberto Murolo (canzone che si consiglia di ascoltare), ripercorre gli ultimi momenti di Pasolini passati insieme a Pelosi all’idroscalo di Ostia.
Dalla fellatio si passa all’abbraccio appassionato, le scene non sono mai esplicite e morbose perché il regista mantiene sempre il pudore, che è giusto conservare per un mistero tutt’oggi irrisolto.
Secondo la ricostruzione del film i due vengono interrotti da un gruppo di ragazzi violenti che, in preda ad un raptus omofobo, colpisce ripetutamente con pugni e calci Pasolini, finché il suo corpo riverso a terra rimane solo.
Solo ed esanime, come già si sentiva da tempo perché incompreso ma soprattutto non accettato dalla società, per il suo sentirsi luce rivelatrice ma al tempo stesso sordida tenebra.
Una discesa irrefrenabile e placida agli inferi, che Pasolini ha quasi ricercato nel suo essere eccessivo e provocatore, come a voler toccare il fondo per capire di cosa si trattasse veramente.
Il regista ha deciso di lambire l’inferno per lasciare al fruitore la libertà di pensiero sui fatti accaduti e soprattutto per dare rilievo alle idee di un grande intellettuale, nonché artista italiano.
Una morte che ha portato tanta sofferenza e tante domande, a cui forse non si troveranno risposte perché come esclama il nunzio alla fine di Porno-Teo-Kolossal “Nun esiste la fine, aspettamo. Quarche cosa succederà”.
Dettagli
Genere: biopic, drammatico
Titolo originale: Pasolini
Paese: Belgio, Francia, Italia
Regia: Abel Ferrara
Sceneggiatura: Abel Ferrara, Maurizio Braucci
Fotografia: Stefano Falivene
Montaggio: Fabio Nunziata
Interpreti: Adriana Asti, Chiara Caselli, Diego Pagotto, Fabrizio Gifuni, Giada Colagrande, Guillaume Rumiel Braun, Luca Lionello, Lucien Rumiel, Maria de Medeiros, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Roberto Zibetti, Salvatore Ruocco, Tatiana Luter, Valerio Mastandrea, Willem Dafoe
Produzione: Capricci Films, Tarantula, Urania Pictures S.r.l.
Distribuzione: Europictures Distribuzione
Durata: 86′
Data di uscita: 25/09/2014
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di Veronica Cirigliano
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2021-09-20 16:42:07 ,