AGI – La vicenda di Eitan Biran ricorda il caso di Yossele Schumacher che agli inizi degli anni ’60 provocò un acceso dibattito in Israele, esacerbando le relazioni tra la comunità ultraortodossa e quella laica e più in generale lo scontro tra gli anti-sionisti e il governo.
Nato nel 1952 nell’allora Unione Sovietica da due genitori ebrei laici, Alter e Ida Schumacher, Yossele all’età di 6 anni si trasferì in Israele con la famiglia in un kibbutz. Una scelta contestata dai nonni materni, il rabbino Nachman Shtrakes e la moglie Miriam, ebrei ultraortodossi, membri del gruppo chassidico Breslov, che volevano per il nipote un’educazione religiosa da stretto osservante.
Nel 1960, rapirono Yossele e lo nascosero: lo spostarono di continuo tra diverse comunità ultra-ortodosse nel Paese, a Gerusalemme, Bnei Brak, Safed, Rishon LeZion, e Komemiyut, rifiutandosi di consegnarlo ai genitori e alla polizia.
Il caso divenne di dominio pubblico e suscitò forti reazioni: gli haredi – in particolare gli appartenenti a Neturei Karta, il gruppo più radicale tra gli anti-sionisti – erano convinti che le autorità avessero un piano per la secolarizzazione forzata di quanti più bambini ultra-ortodossi possibili; il governo, poco più di un decennio dopo l’istituzione di Israele, vedeva questa come una sfida aperta da parte dei religiosi all’autorità dello Stato.
Il precedente del 1960
Nel febbraio 1960, la Corte Suprema decise che il bambino doveva tornare ai genitori e ordinò al rabbino Shtarkes di consegnarlo; questi rifiutò e venne incarcerato, ma non parlò. La pressione della polizia, impegnata nella ‘caccia’ a Yossele, venne intensificata; furono coinvolti anche lo Shin Bet (i servizi segreti interni) e le forze armate (Idf), che batterono palmo a palmo quartieri, villaggi e kibbutz.
Il premier David Ben Gurion fece intervenire anche il Mossad che tuttavia incontrò forti difficoltà a infiltrarsi nelle comunità ultra-ortodosse; dopo aver cercato in lungo e in largo, focalizzarono le loro attenzioni sul mondo haredi all’estero.
Gli Shtrakes infatti avevano deciso che bisognava portare Yossele all’estero; e in loro aiuto venne Ruth Blau, al secolo Madeleine Feraille, 40enne con un passato nella Resistenza francese, convertita al giudaismo nel 1950 con il nome di Ruth Ben David.
Proprietaria di una società di import-export, si era unita alla visione anti-sionista di Neturei Karta e aiutata dal figlio 20enne Uriel, alla fine di giugno fece espatriare il bimbo di 8 anni, travestito da femmina, con un passaporto falso. Nei successivi due anni, Yossele visse tra Svizzera, Francia e Belgio, prima di essere portato negli Usa, nel marzo 1962, dove fu nascosto in un appartamento a Williamsburg sotto falso nome.
Gli agenti del Mossad, gli stessi che si erano occupati della cattura di Adolf Eichmann in Argentina, riuscirono a individuare Ruth Ben David e la fermarono, interrogandola a lungo. Lei confessò il suo coinvolgimento ma sulle prime si rifiutò di dire dove era nascosto il bambino; solo dopo che le venne rivelato di essere stata tradita dal figlio Uriel, decise di collaborare. Nel settembre 1962, agenti dell’Fbi, accompagnati da 007 israeliani, prelevarono Yossele a New York e lo riportarono dai genitori in Israele.
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Cecilia Scaldaferri , 2021-09-23 05:04:09
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