di Paolo Armelli
Il secondo capitolo delle avventure del simbionte alieno è violento, macabro e spassoso. Ma è anche molto caotico e forse fin troppo conciso, mentre non ha ancora capito cosa vuole davvero essere nel più ampio universo supereroistico
La prima sensazione, terminati i titoli di coda di Venom: La furia di Carnage, dal 14 ottobre nelle sale italiane, è: ma è già finito? Abituati come siamo a cinecomics (e blockbuster in generale) che vanno spediti verso le tre ore di lunghezza, questo sequel della pellicola del 2018 con Tom Hardy stupisce anche perché condensa molte cose in appena 91 minuti, il che è sia un pregio che un difetto. Da una parte, infatti, riusciamo ad avere un condensato di quello che già avevamo apprezzato nel primo capitolo (folli scene d’azione, una dinamica complessa fra il protagonista e il suo simbionte, uno humor macabro e grottesco), anzi tutto portato alle estreme conseguenze, ma dall’altra ci si rende ancora più facilmente conto di quanto questi cinecomics possano avere ben poca sostanza se li si riduce essenzialmente a un caos distruttivo in Cgi.
In questa nuova storia, scritta dalla sceneggiatrice Kelly Marcel assieme allo stesso Hardy, il giornalista Eddie Brock e il parassita alieno che lo abita hanno una relazione complicata, simile a quella di due coinquilini che non si sopportano (c’è anche chi ci ha visto dei sottotesti queer, che francamente però risultano piuttosto arditi e lasciano più il campo a una bizzarra bromance). Stanco della mancanza di ambizione dell’uomo, anche nei confronti dell’ex fidanzata Anne (Michelle Williams) che sta per risposarsi, la creatura procura al giornalista lo scoop della vita ma complica anche il rapporto che il reporter ha con il serial killer Cletus Kasady (Woody Harrelson). Kasady addirittura sarà infettato dal parassita trasformandosi nel mostruoso Carnage (più rosso, più violento e più psicopatico del già estremo Venom), che andrà in cerca della sua amata Shriek (Naomi Harris) e seminerà il panico a San Francisco coi suoi piani di vendetta.
Il cuore più intrigante del film sta proprio in questa relazione dualistica fra Eddie e Venom, destinati a stare l’uno con l’altro (l’uno nell’altro) ma anche diversissimi fra loro. La loro difficile convivenza è anche una metafora più grande dei temi del film, dove tutti i personaggi in qualche modo sono volenti o nolenti gettati in una corsa disperata verso l’autodistruzione. Hardy è ancora ammirevole nella sua doppia interpretazione: i commenti sagaci di Venom, detti con voce più bassa e roca, sorprendono spesso gli spettatori, anche se forse il doppiaggio italiano fatica a star dietro al ritmo originale. Sono però i cattivi a rubare la scena, ancora una volta, dal punto di vista della recitazione: Harrelson recupera in qualche modo la sua parte in Assassini nati per darle una veste più flamboyant, mentre Harris è davvero straordinaria nell’interpretare una donna che impazzisce di rabbia quando tutti cercano di privarla della propria voce.
Al di là della caratterizzazione dei personaggi, tuttavia, c’è da dire che resta poco da dire sul film: gli snodi della trama si susseguono rapidissimi fino a un lungo scontro finale che mette in campo tutta la passione che il regista Andy Serkis (il Gollum del Signore degli anelli passato poi alla regia di film come Mowgli) ha per ibridare l’azione umana con la computer grafica. Caos, distruzione e disperazione regnano sovrane per gran parte del film che si conclude poi in un semplice assioma: vorremmo tutti essere compresi dagli altri ma sono proprio le scelte che facciamo a renderci incomprensibili. Resta il fatto che Venom: La furia di Carnage è un perfetto concentrato di ciò che ci si aspetta da un cinecomics che, per sua stessa natura, è più maturo e macabro (e addirittura più divertente) di tante controparti nel Marvel Cinematic Universe.
E proprio il difficile rapporto con il più grande universo Marvel è forse l’ennesima complicazione che si mette sulla strada di questo film. Prodotto da Sony ma in associazione con Marvel (in queste terminologie che sono frutto di agguerriti accordi legali), è certamente un progetto cinematografico a sé stante ma fa di tutto per suggerire che là fuori il mondo supereroistico è molto più ampio: c’è una location che urla X-Men da tutte le parti, c’è l’ennesimo indizio di un personaggio che diventerà in futuro un possibile villain e c’è ovviamente quella scena post-credits impossibile da rivelare senza spoiler ma che avrà conseguenze importanti, si presume, sui film che verranno. Come nel connubio Eddie-Venom, La furia di Carnage è una bomba spassosa e famelica pronta ad esplodere in ogni momento, anche se forse non ha capito esattamente cosa vuole essere e soprattutto quali sono le compiute potenzialità a cui può spingersi.
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www.wired.it
2021-10-12 10:00:17