Il senatore sconvolto dopo aver visto l’ex parlamentare. Carfagna e la lettera: «Fa un’azione uguale e contraria a quella che il suo partito ha fatto in questi anni»
Vittorio Sgarbi è sconvolto per il caso di Giancarlo Pittelli, l’ex parlamentare di Forza Italia indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott della procura di Catanzaro. Pittelli è stato prima detenuto in regime di isolamento, poi agli arresti domiciliari, e da qualche giorno è tornato in carcere.
Allora, Sgarbi, facciamo un po’ d’ordine.
«Rientra fra le prerogative di un parlamentare visitare a sorpresa un carcerato e non c’è nessuno che possa ostacolarlo. Io dunque mi sono recato a Nuoro, nell’agosto del 2020, e ho ritrovato davanti a me Giancarlo Pittelli. Ma non era più lui, era un uomo totalmente stremato sul punto del suicidio».
Lei a quel tempo fece anche una denuncia.
«Certo, la carcerazione di Pittelli viola la Costituzione e lo stato di diritto perché viene tenuto in carcere senza che sia stato mai interrogato e senza che sia stato celebrato un processo».
Viene accusato di essere al servizio della cosca Mancuso di Limbadi.
«Nei suoi confronti accuse fumose, frutto di ipotesi senza prove, in spregio a ogni principio di civiltà giuridica. Ecco perché mi domando: se Pittelli dovesse uccidersi cosa farà la il giudice Brigida Cavasino? Vorrei ricordare il caso Caridi, il senatore di Forza Italia arrestato per due anni, grazie anche all’avallo della giunta per le autorizzazioni di Palazzo Madama, e poi completamente prosciolto».
Anche lei, come la ministra Mara Carfagna, ha ricevuto una lettera da Pittelli?
«Se l’avessi ricevuta non ve lo direi perché non voglio peggiorare la sua situazione. A proposito per quale motivo Carfagna ha girato la lettera all’Ispettorato di Pubblica sicurezza di Palazzo Chigi riconsegnandolo in carcere? Fa un’azione uguale e contraria a quella che il suo partito ha fatto in questi anni. Arrestare Pittelli per una lettera è un’enormità, la misura di una forma prepotenza, una forma di tortura applicata dai magistrati, che dai domiciliari mettono in carcere una persona per punirla, quando il carcere dovrebbe rieducare».
Ora l’Anm però la accusa di usare parole violente contro la magistratura calabrese.
«Ne sono lusingato se ripenso alla frasi di Cossiga sull’Anm che io stesso ritenevo esagerate».
10 dicembre 2021 (modifica il 10 dicembre 2021 | 18:01)
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Giuseppe Alberto Falci , 2021-12-10 17:03:25
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