di Chiara Dilucente
A poco meno di un anno dal suo atterraggio su Marte, la sonda della Nasa Perseverance offre nuove sorprese: sul letto roccioso del cratere Jazero, i dati provenienti degli strumenti del rover evidenziano che lo strato roccioso del cratere probabilmente si è formato da magma incandescente. Ma non solo: dopo Curiosity lo scorso novembre, anche Perseverance ha individuato tracce di molecole organiche, che deriverebbero dall’interazione del terreno con l’acqua che Jezero ospitava milioni di anni fa.
La scoperta ha implicazioni importanti per la comprensione e la datazione accurata degli eventi fondamentali nell’evoluzione del pianeta e getta nuove prospettive nella ricerca di molecole legate alla vita, uno degli obiettivi principali della missione del rover. I risultati sono stati presentati all’incontro dell’American Geophysical Union a New Orleans.
La missione su Marte
Ricordiamo che scopo della missione Mars 2020 di Perseverance, il cui viaggio è iniziato dalla Terra il 30 luglio 2020 è quello di esplorare parte della superficie di Jazero, il cratere lungo 45 chilometri che si ritiene ospitasse un antico lago, quando il clima di Marte era notevolmente diverso da quello di adesso.
L’obiettivo? Quello di trovare tracce di vita primordiale sul pianeta rosso, oltre che acquisire conoscenze sulla storia di Marte e di come poteva essere milioni di anni fa. Una delle prime domande dei ricercatori è stata proprio quella sull’origine delle rocce nell’area di Jazero: era plausibile che esse fossero sedimentarie, trasportate cioè dall’acqua che prima bagnava il cratere, oppure ignee, cioè di derivazione vulcanica. Per rispondere a questi dubbi, Perseverance, dopo qualche mese dal suo ammartaggio, ha iniziato a raccogliere campioni di roccia grazie al trapano presente all’estremità del braccio robotico del rover, che può frantumare le superfici rocciose per poi consentire ad altri strumenti di studiarle.
L’analisi dei campioni
In particolare, i campioni di roccia raccolti dalla sonda vengono analizzati dal Planetary Instrument for X-ray Lithochemistry (Pixl), lo strumento che utilizza la fluorescenza a raggi X per mappare la composizione delle rocce stesse. In particolare, i campioni prelevati da una zona del cratere chiamata South Séítah, analizzati grazie a Pixl, hanno mostrato di avere un’insolita abbondanza di grandi cristalli di olivina inglobati in cristalli di pirosseno.
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www.wired.it
2021-12-17 16:41:57