Le parole (anche) ai partiti del presidente della Repubblica al saluto alle alte cariche dello Stato. «È tempo di chiarezza e lealtà»
«Non rinunciamo alle differenze e alle diversità. Ma sappiamo essere uniti sulle grandi scelte, quando le circostanze della vita lo richiedono». Non sono coniugati all’imperativo, come per un’esortazione, ma all’indicativo, come per una constatazione di fatto, i verbi di queste frasi con cui Sergio Mattarella saluta le alte cariche dello Stato alla fine del 2021. Per lui, il bilancio dell’anno che si sta chiudendo è «complessivamente positivo» perché siamo riusciti ad «alzare la protezione dei cittadini e rimettere in moto la società». E proprio perché «siamo sulla buona strada» e non più «in balìa degli eventi», grazie a «scelte coraggiose, ai progressi della scienza, ai comportamenti coscienziosi dei cittadini, al senso civico diffuso», il suo appello — non proprio diretto, comunque trasparente — è: adesso però non rovinate tutto. Non dissipate «la convergenza tra le istituzioni e la società», cioè il clima di coesione, fiducia e unità che si è formato intorno al governo Draghi.
Il capo dello Stato non cita il premier, né si pronuncia sui destini e sul perimetro del suo esecutivo. Non lo fa perché qualsiasi cenno al riguardo potrebbe prestarsi a giochi tattici fra i partiti, dato l’incrocio con l’ormai vicino voto del Parlamento sul Quirinale. Speculazioni di questo tipo: Mattarella, elogiando Draghi, lo blocca a Palazzo Chigi o, a seconda delle letture, lo spinge sul Colle. Quel che gli interessa è invece lo spirito che le forze politiche hanno adottato a stragrande maggioranza per affrontare la pandemia e la collegata crisi economica. Per questo sottolinea con forza «le ragioni che inducono alla speranza», anche se non manca di ricordare i problemi strutturali e le fragilità che l’Italia ha ancora davanti. Dall’evasione fiscale allo sfruttamento del lavoro precario, dall’incuria verso i territori esposti ai rischi delle catastrofi naturali agli infortuni sul lavoro, «scandalosamente gravi», e il riferimento è all’ultima tragedia di Torino.
C’è dunque ancora molto lavoro da fare, per lui. Infatti, «questo resta un tempo difficile, nell’alternarsi di promesse e di nuovi allarmi». Il che «impone un’esigenza di chiarezza e di lealtà come premesse indispensabili di una piena, e comune, assunzione di responsabilità di fronte ai rischi che sono tutt’ora davanti a noi. Abbiamo visto come la chiarezza, di fronte alle asprezze della pandemia, abbia spazzato via il tempo delle finzioni, delle distrazioni. E tutto questo mi è parso uno straordinario segno di maturità e serietà».
A cosa allude Mattarella, evocando «finzioni e distrazioni» e chiedendo «chiarezza e lealtà»? A certi stravolgimenti della realtà, rinfocolati spesso in ambiti populisti e sovranisti, che hanno alimentato forme di protesta sgangherate e anche violente da parte dei no vax. Un composito «cartello» di dissidenza rappresentato da «poche eccezioni» e al quale, sottolinea con severità, «è stato forse dato uno sproporzionato risalto mediatico». Ma la questione merita solo poche righe, nel suo discorso. Il presidente preferisce concentrarsi su quanto di sano e utile la prova del Covid ha prodotto. Vale a dire «una sostanziale unità di intenti e di sforzi per gettare le basi di un nuovo inizio». Un’unione tra Stato e comunità, come dopo una guerra. Così, dopo il suo appello del febbraio 2021, quando tenne a battesimo il governo Draghi, «il tempo dei costruttori si è realizzato in questa consapevolezza». «Non era scontato», puntualizza, anche se «una delle caratteristiche della nostra gente si manifesta quando le condizioni sono difficili: è il momento in cui riusciamo a esprimere il meglio di noi. A ritrovare la fiducia smarrita».
La ripartenza del Paese dipende quindi da tutti noi, conclude, con una riflessione e un auspicio. «Aver saputo mettere in secondo piano divisioni e distinzioni legittime, diversità programmatiche e sensibilità politiche per privilegiare un lavoro comune nell’interesse nazionale, è stato molto importante». Ora serve «che lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali».
Un saluto pieno di aspettative, quello di Mattarella davanti alle alte cariche dello Stato, proprio come si era rivelato poche ore prima il suo «congedo» agli ambasciatori italiani riuniti alla Farnesina e che lo hanno accolto con una standing ovation. Lì il presidente ha reso onore ai «passi avanti» compiuto dalla Ue, dopo l’esplosione della pandemia. Con scelte che hanno «messo in luce la vitalità e il valore aggiunto della costruzione europea, che ha saputo coordinare le risposte degli Stati membri, evitato una chiusura totale delle frontiere nazionali, unito le risorse europee e nazionali per finanziare la ricerca e l’acquisto di vaccini». Una svolta irrobustita dai fondi del Next Generation che porta anche il segno dell’Italia, impegnata a promuovere la «coesione fra le democrazie liberali», un’altra nostra «priorità».
21 dicembre 2021 (modifica il 21 dicembre 2021 | 09:22)
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Marzio Breda , 2021-12-21 08:23:08
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