di Tommaso Meo
Non è un bel momento per il mondo dei videogiochi in Cina. Nel 2021 le autorità hanno imposto dure restrizioni ai giochi nel paese e hanno persino interrotto la concessione di licenze per nuovi titoli. Da luglio la National press and publication administration (Nppa ) non ne ha approvata neanche una, quando solitamente ogni mese arrivavano sul mercato tra gli 80 e 100 nuovi videogame. Si tratta della sospensione più lunga dall’interruzione di nove mesi risalente al 2018. Lo stop prolungato dalla scorsa estate ha avuto come effetto la crisi di tante piccole società legate al mondo del gaming.
Scrive il South China morning post che negli ultimi sei mesi, complice la stretta delle autorità sul settore, hanno chiuso 14mila studi e case di produzione di videogame, oltre a aziende che lavoravano nel merchandising, nella pubblicità e nell’editoria. Le realtà più grandi stanno invece cercando di spostare il proprio business all’estero. Il colosso Tencent sta aprendo una filiale a Singapore, mentre ByteDance – società madre di TikTok – ha licenziato un centinaio di dipendenti di Ohayoo, società di giochi focalizzata sul mercato cinese. Anche Baidu e Tanwan Games hanno cercato di ridurre le loro perdite licenziando lavoratori nel segmento dei videogiochi.
L’Nppa non ha fornito una spiegazione ufficiale per l’ultima sospensione, né si sa quando riprenderà il processo di approvazione, ma la decisione sembra legata alla recente crociata delle autorità di Pechino contro i giganti tech e la dipendenza da videogiochi dei ragazzi. Una testata giornalistica statale in estate li ha descritti come “oppio spirituale” e alla fine di agosto una nuova legge ha limitato a tre ore alla settimana il tempo che i minorenni possono usare per dedicarsi al gaming.
Il presidente cinese Xi Jinping si è espresso pubblicamente contro la dipendenza da videogiochi tra i minori e ritiene che rendere illegale il gioco per più di poche ore sia stata la soluzione migliore. Anche la quantità di soldi che i bambini possono spendere all’interno dei videogiochi è stata abbassata a 200 yuan (27 euro) al mese.
Ma queste restrizioni non stanno funzionando ancora nel modo sperato. SupChina ha scritto che una volta che i bambini cinesi esauriscono il loro tempo di gioco, si rivolgono ai social media per guardare altri giocare. E su internet si può addirittura pagare per prendere in prestito account di adulti per alcune ore, aggirando le regole.
Non è nemmeno la prima volta che la Cina limita i giochi all’interno dei suoi confini. Un ban di tutte le console per videogame era già stato attivo per 15 anni (dal 2000 al 2015), sempre a causa della preoccupazione per lo sviluppo dei bambini.
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www.wired.it
2022-01-04 13:52:54