Ce n’è a sufficienza per le due ore e venti del film, anzi ce n’è pure di più perché questo film non chiude la storia, la interrompe per poi riprenderla nel prossimo (che sarà intitolato Beyond The Spider-Verse). Ce n’è così tanto che queste due ore e venti hanno un passo indemoniato, corrono, sono piene di dialoghi e soprattutto di eccezionale animazione, strabordanti idee visive e piacere fisico del far fare cose ai diversi Spider-Man, ammirarne la grazia dei movimenti e la rapidità delle mosse. Tutto condito con una colonna sonora di brani soul e R&B moderni che danno a tutto il film un’identità fortissima. Non c’è insomma nessun rischio di confonderlo con qualunque altra produzione Marvel (anche se queste sono parte dei multiversi, e ne vediamo dei pezzi per pochi secondi quando sbirciamo in dimensioni parallele). Forse un po’ complicato per chi non ha confidenza con queste dinamiche ma anche tutto così ironico, divertente e movimentato che se ne può godere pure solo epidermicamente.
Tuttavia Lord e Miller (gli sceneggiatori, già autori del complicato e stratificato The Lego Movie e dell’autoironico 21 Jump Street e anche del precedente film) hanno inserito nel film molto di più, usandolo per una loro ode alla creazione libera di storie. Non è difficile notare che tutte le varie versioni di Spider-Man sono ossessionate dalla propria storia, dicono continuamente: “Sono Peter Parker” o “Sono Gwen Stacy” seguito da “e sono l’unico Spider-Man del mio universo”. Tengono molto alla loro identità e ben presto ci accorgiamo che ciò che ognuno cerca di salvare è la propria storia. Ad un certo punto diventerà anche l’obiettivo di Miles Morales, non tanto salvare amici e parenti o se stesso, ma salvare la propria storia. Salta fuori infatti che esiste un canone, cioè che perché non collassi il multiverso in ogni dimensione devono accadere delle cose a Spider-Man tra cui la morte di un capitano di polizia. Alle volte è il padre, altre volte lo zio, altre ancora il padre della fidanzata, comunque deve morire e deve essere un trauma. Miles Morales però non ci sta al fatto che suo padre debba morire.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-06-01 09:34:39 ,