Sulla copertina del nuovo numero dell’Espresso c’è Matteo Salvini, sotto assedio tra la bufera Morisi, i contrasti con Giorgetti e il rischio flop alle elezioni amministrative. Ma il Capitano del Carroccio ha pronto un piano B: dire “Addio Lega”, come suona il titolo di copertina, e fondare un nuovo partito. Su misura per lui.
Non è un’ipotesi: è un progetto già pronto per la realizzazione. Antonio Fraschilla lo ricostruisce nei dettagli, dal simbolo, già registrato dal notaio già due anni fa, ai parlamentari pronti a lanciarsi nella nuova avventura. Ma la crisi, spiega Marco Damilano nel suo editoriale, è più profonda: il popolo social a cui parlava l’efficientissima Bestia diretta da Morisi ha altri problemi e altre aspirazioni, si affida a Draghi per riemergere dalla pandemia ed è meno propenso ad abboccare alle provocazioni sovraniste che avevano fatto la fortuna di Salvini.
La conseguenza di questo clima rappacificato la prevede Paolo Guzzanti intervistato da Susanna Turco: Berlusconi potrebbe davvero arrivare al Quirinale. E mentre Carlo Tecce mostra l’impasse della Lega nelle manovre per il futuro presidente, Bruno Manfellotto spiega perché quella carica in questo momento non può toccare a Draghi. Troppo impegnato a portare in porto il Pnrr che, spiega Gloria Riva, rischia di naufragare tra burocrazia, differenze territoriali e interessi contrapposti.
Simone Pieranni elenca i motivi per cui l’alleanza Aukus mette in allarme i paesi dell’Estremo Oriente, agitando quella che Federica Bianchi nel suo commento definisce «guerra tiepida» tra Washington e Pechino. Intanto l’Iraq va al voto senza entusiasmi e senza aspirazioni (di Marta Bellingreri), e Gilles Kepel spiega a Francesca Mannocchi che dietro ai nuovi schieramenti in Medio Oriente c’è la crisi dello strapotere petrolifero. È in Libia invece il più importante progetto dell’Aie, la velleitaria costola internazionale dell’Anas della quale Gianfrancesco Turano ricostruisce il flop.
Floriana Bulfon si concentra sulla “macro mafia” che unisce Italia e Irlanda, Colombia e Olanda e da Dubai, via Amsterdam, governa il traffico mondiale di ecstasy e cocaina. A Roma intanto, denuncia Francesca Fagnani, cresce una nuova famiglia malavitosa, che snobba la droga e si concentra sul racket delle case popolari.
Sul fronte migranti, Fabrizio Gatti ricorda la strage del 3 ottobre 2013, perché il processo per la morte di quelle 368 persone è arrivato a condannare marinai e scafisti ma non ha fatto luce sui mancati soccorsi. Intanto Bianca Senatore entra nel nuovo campo profughi di Samos, isolato e più simile a un carcere che a un centro di accoglienza.
Altan porta all’estremo l’ossessione per le consegne a domicilio, Makkox lancia Asterix e Obelix nel caos della campagna elettorale romana, Biani disegna il cambio di fortuna di Salvini (e gli fa eco la lettera scelta questa settimana da Stefania Rossini) e Michele Serra inventa il Terra-Marte low-cost. Antonio Spadaro infine invita a meditare sulla parola della settimana: pietra.
L’Espresso chiude con François Jullien che spiega a Gigi Riva la forza profonda della democrazia, mentre Donatella Di Cesare conclude che proprio dalla sua crisi nascano le teorie del complotto. Michela Marzano riflette sulla scoperta di un nonno fascista e Paolo Di Paolo analizza il trend che prta gli scrittori italiani a fare un esame di coscienza sulle proprie radici.
Antonio Rezza annuncia i selfie deformati con cui ha illustrato un provocatorio mazzo di carte, Stefania Di Pietro racconta il crescente fascino dello “slow life”. E mentre l’Austria applaude Laura Freudenthaler che nel suo romanzo unisce realtà e immaginario, matrimonio borghese e fantasmi (di Stefano Vastano), in Francia Bernardo Valli si entusiasma per il senegalese Sarr, che conquista pubblico e critica intrecciando plagi reali e immaginari sulla scia dei grandi della letteratura.
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di Angiola Codacci-Pisanelli
espresso.repubblica.it
2021-10-01 09:56:00 ,