Due anni dopo il frettoloso ritiro delle forze occidentali e il ritorno dei talebani al governo, l’Afghanistan è tra le prime nazioni per numero di rifugiati insieme a Siria e Ucraina, mentre 2,6 milioni di afghani sono ufficialmente rifugiati all’estero. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), 3,5 milioni di afghani sono anche sfollati interni. Milioni di afghani che si trovano bloccati in un limbo, con diritti e libertà limitate nel pieno di una grande crisi umanitaria.
La maggior parte di loro, tra il 2021 e il 2022, ha cercato rifugio nei Paesi confinanti, Iran e Pakistan, come evidenziato dai dati forniti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Ma quasi 100mila afghani hanno provato a ricostruirsi una vita tra Stati Uniti e in Canada, mentre altri 380mila circa hanno trovato scampo in vari Paesi europei. Il clima relativamente favorevole ai profughi di guerra e dell’islamismo radicale di 10 anni fa sembra una chimera. Con un’estrema destra in ascesa o stabile nelle principali destinazioni – la Scandinavia, la Germania, la Francia – gli afghani in fuga vedono come remota l’ipotesi di una residenza permanente.
Le donne tornate indietro di vent’anni
In Afghanistan, intanto, le persone più oppresse Proseguono a essere le donne. La priorità dell’Emirato Islamico sembra essere, oggi come al momento del primo governo tra il 1996 e il 2001, l’esclusione delle donne dalla sfera pubblica e sulla sistematica negazione dei loro diritti fondamentali. Il sito Le Grand Continent ha elencato in una lunga inchiesta i passaggi di questa angosciante restrizione di diritti.
Negli ultimi due anni alle donne afghane è stato vietato di accedere all’istruzione una volta superati i 12 anni di età, di viaggiare in aereo senza l’accompagnamento di un parente di sesso maschile, di accedere a parchi, giardini, strutture sportive e bagni cittadini. È stato imposto alle donne l’obbligo di indossare un velo integrale in luoghi pubblici, di frequentare i saloni di bellezza (che rappresentavano gli ultimi luoghi di socializzazione al di fuori delle abitazioni femminili) e il divieto di lavorare per organizzazioni internazionali – una disposizione che rende estremamente difficile la distribuzione di aiuti alle donne afghane. Se durante il primo anno di governo dei talebani c’era una flebile speranza che la pressione internazionale e i cambiamenti nella società afghana potessero preservare alcune forme di libertà per le donne, questa ipotesi è stata gradualmente cancellata, giorno dopo giorno.
L’oppressione delle donne va di pari passo con un irrigidimento sempre più marcato del regime dei talebani. Le esecuzioni extragiudiziali sono in aumento: almeno 237 secondo la Missione di assistenza delle Nazioni unite in Afghanistan (Manua) tra il 15 agosto 2021, data dell’assunzione del potere da parte dei talebani, e il 15 giugno 2022. L’Emirato ha poi imposto ai giudici di applicare in modo sempre più severo la legge della sharia – fino a quel momento relegata a valutazioni individuali dei tribunali – portando al ritorno delle esecuzioni pubbliche di fronte a centinaia di spettatori. Dall’estate scorsa, il canale Radio Free Europe-Radio Liberty è stato censurato.
E per quanto riguarda l’economia?
Prima dell’ascesa al potere dei talebani, il bilancio dello Stato afghano, di circa 9 miliardi di dollari, si basava per circa il 75% sugli aiuti internazionali, prevalentemente di origine statunitensi. Secondo quanto scrive Pierre Ramond di Le Grand Continent, gli aiuti rappresentavano anche il 40% del pil dell’Afghanistan, che adesso deve tenere in piedi le sue casse statali grazie ai dazi doganali e alle tasse.
Leggi tutto su www.wired.it
di Paolo Mossetti www.wired.it 2023-09-01 05:00:00 ,