After Work cerca di immaginare un mondo senza lavoro
| Wired Italia

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Inizia così il documentario After Work, in uscita al cinema il 15 giugno. Che racconta il paradosso di una società – per lo meno quella cosiddetta occidentale – che dopo aver messo per decenni l’etica del lavoro al centro dell’identità collettiva e individuale si trova oggi ad affrontare la “morte” di centinaia di milioni di posti di lavoro.

Il regista è l’italo-svedese Erik Gandini, autore e produttore di diversi documentari tra cui Videocracy che venne presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2009.

Già dieci anni fa , due ricercatori di Oxford nel loro studio The Future of Employment (Il futuro dell’occupazione), avevano predetto che l’Intelligenza artificiale avrebbe portato alla fine di molte professioni nell’arco di un ventennio.

Previsione più che azzeccata, il che significa anche che nell’arco di 10 anni al massimo, il 47 % dei lavoratori americani sarà sostituito da “macchine” più efficienti di loro che, una volta sviluppate, avranno anche il vantaggio di non costare nulla.

Gli addetti al telemarketing verranno rimpiazzati da chat bot nel 99 % dei casi. Il 97 % dei cassieri verrà sostituito da sistemi di automatici di pagamento e a rischio sono anche i driver. Per loro le previsioni parlano di un taglio dell’89 %.

Come consentire a tutte queste persone di continuare a vivere dignitosamente una volte che avranno perso il posto di lavoro?

Una delle soluzioni possibili di cui si discute da tempo è quella del reddito di base universale: da un minimo di 1000 euro, o di più a seconda del costo della vita del Paese in cui si vive, per non fare nulla.

Ma, a prescindere dalla sostenibilità economica, un sistema del genere servirebbe a rendere le persone felici, soddisfatte della loro vita? Con un sistema di valori come quello attuale probabilmente no. Come sintetizza efficacemente lo storico israeliano Yuval Noah Harari: “Essere irrilevanti è peggio che essere sfruttati”.



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di Enrica Brocardo www.wired.it 2023-06-15 11:30:00 ,

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