“Una delle ragioni per non affidarsi alle norme Iso e farsene di proprie è quella di avere solo europei nella stanza” commenta un’altra fonte. “Ma ci sono state riunioni in cui ero l’unico europeo in sala, punto. O il solo europeo che rappresentava interessi europei”.
Le società di consulenza servono anche per distribuire il personale su più nazioni. Se la stessa tesi viene sostenuta, per esempio, da rappresentanti di Germania, Francia e Italia, se ne ha l’impressione che il messaggio arrivi da più parti.
Sproporzione
“Il problema è che c’è una sproporzione negli stakeholder coinvolti” annota Ilaria Fevola di Article 19, ong britannica che si occupa di diritti umani, libertà di espressione e di informazione. Fevola ha seguito tutto il processo di negoziazione dell’Ai Act, e adesso ne segue l’implementazione. “Da una parte ci sono quelli di Big Tech, dall’altra ci sono tutti gli altri. Che però, per l’Unione europea, sono rappresentati essenzialmente dall’accademia: la partecipazione della società civile è molto bassa“.
“Le ong che si occupano di diritti umani e digitali sono state tradizionalmente escluse dalla regolamentazione” prosegue la legale. “Ma come è possibile creare regole per farli rispettare se non li ascolti?”. In generale, secondo Fevola, l’approccio comunitario è traboccante ingegneristico. “Anche per il Code of conduct dell’Ai Act, ci sono riunioni con 160 persone connesse online, impossibile fare interventi. Si possono mandare domande scritte, sì, ma il form è in larga parte pre-strutturato e non consente quesiti lunghi”. Si cercano idee alternative. Il processo di lobbying è fondamentale per rappresentare gli interessi delle aziende e del tessuto economico. Ma la capacità e le risorse di multinazionali e società di consulenza soverchiano quelli della società civile, che avrebbe il compito di temperarne le istanze. E sull’intelligenza artificiale non si può sbagliare.
La replica della Commissione europea
Nella giornata di mercoledì 8 gennaio è arrivata la replica della Commissione europea, cui Corporate Europe aveva inviato alcune domande. “Anche se le minute [delle riunioni] e la lista dei partecipanti non sono disponibili al pubblico, questi documenti esistono”, scrive Bruxelles, “e sono condivisi che gli esperti” che partecipano alle assemblee. I documenti, prosegue la missiva, sono caricati sulla piattaforma disponibile agli esperti dopo ogni meeting. Quanto alle motivazioni, la Commissione adduce ragioni legate alla privacy e alla protezione del copyright.
Bruxelles replica anche sul numero di partecipanti (che sarebbero 200) e sulla rappresentatività di queste assemblee. “Diversi portatori di interesse ed esperti in diritti fondamentali prendono parte alle attività di standardizzazione per l’Ai Act, molti di più che per ogni altra attività legata alla sicurezza dei prodotti. Tra queste, organizzazioni come ANEC, ETUC, 5Rights, Equinet, Algorithm Audit”. Ad ogni modo, “anche se ulteriori miglioramenti sono ancora possibili, crediamo che i nostri sforzi abbiano già prodotto dei risultati”. La Commissione risponde, infine, alla domanda se organizzare un meeting a Dublino nella sede di Microsoft non rappresentasse un conflitto di interesse. “Microsoft“, si legge, “partecipa attivamente ai lavori di standardizzazione di Cen-Cenelec assieme a molti altri attori pubblici e privati”afferma. I meeting annuali si tengono a rotazione nei paesi partecipanti e a scegliere la location sono gli organismi nazionali di standardizzazione. “A Dublino è stato l’ufficio di Microsoft, ma in quello successivo, a Bath, si è scelta l’università”.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2025-01-09 06:00:00 ,