Sotto il patto europeo per l’intelligenza artificiale, l’AI Pact, non c’è la firma di Meta. Ma ci sono quelle di OpenAI, Microsoft, Amazon, Google, Ibm. Tra le 115 aziende che hanno aderito all’AI Pact, il patto volontario con cui la Commissione europea vuole spingere ad adeguarsi in anticipo ad alcuni principi dell’AI Act, il suo regolamento sull’intelligenza artificiale, si trovano anche i nomi di Booking, Aleph Alpha (startup tedesca che sta sviluppando un grande modello linguistico) e Palantir, la controversa società statunitense di tecnologie per la difesa. La lista completa è stata diffusa da Bruxelles qualche ora prima dell’attacco di un evento dedicato proprio alla presentazione dell’AI Pact. Un palcoscenico su cui la Commissione voleva salire brandendo i nomi di grandi sviluppatori di sistemi di intelligenza artificiale, per dimostrare di avere ottenuto il loro appoggio alla carta di impegni. Risultato ottenuto, vista la lista di firmatari.
Identikit dei firmatari
Delle mille aziende interessate, sono state 115 nel complesso a formalizzare l’impegno nero su bianco. Ci sono colossi dell’industria, come Airbus, Scania, Tata e Samsung, grande aziende delle telecomunicazioni, come Vodafone, Tim, Telefónica e Deutsche Telekom. Poi colossi del software, come Adobe, Sap, Salesforce. Un gigante dei semiconduttori come Qualcomm. Piattaforme social come Snap (ma non Meta né Bytedance, proprietaria di TikTok). E gruppi come Ikea. Forte la componente francese: si sono iscritte anche Sopra Steria, azienda che opera nel segmento della sicurezza, Ovh Cloud, il principale operatore di data center d’Oltralpe, la società di informatica Dassault Systèmes. E poi studi legali, piccole imprese e startup.
Tra i firmatari c’è l’inglese Blueskeye, che usa l’AI per analizzare le emozioni; la statunitense Credo AI, che invece la applica nella gestione delle informazioni e nella mitigazione dei rischi; Blimp AI, società italiana che studia i dati di traffico e di vivacità urbana. E poi la chiacchieratissima Palantir, fresca di ingresso nello Standard & Poor’s 500 (la lista delle 500 aziende statunitensi più capitalizzate), forte della crescita garantita proprio dalle applicazioni di AI ai suoi programmi di data mining, usati dalle forze dell’ordine e dalla difesa degli Stati Uniti.
L’AI Pact ha un valore più di immagine, che concreto. Non vincola le aziende e non ha valore legale. Le regole le fa l’AI Act (sì, se i nomi vi confondono è normale, a Bruxelles non brillano per fantasia) e perché questo inizi a produrre i suoi effetti, occorrerà aspettare febbraio 2025. Quando diventerà operativo il divieto sui sistemi di intelligenza artificiale considerati eccesso rischiosi per poter essere adoperati all’interno dell’Unione europea. Come tecnologie per manipolare i comportamenti delle persone, la sorveglianza biometrica, la raccolta massiccia e illimitata di foto di volti da internet, il riconoscimento delle emozioni sul posto di lavoro o a scuola, i sistemi di punteggio sociale o la polizia predittiva, piuttosto l’uso di dati sensibili per calcolare le probabilità che una persona commetta un reato.
Come funziona il patto
L’AI Pact, invece, vuole stimolare sin d’ora le aziende che sviluppano sistemi ad alto rischio (ammessi nell’Unione, ma con molti paletti) ad anticipare alcune delle norme, che entreranno in vigore dal 2026. Per questo gli impegni principali che prevede sono: avere una strategia di gestione dell’AI che operi con l’obiettivo di adeguarsi all’AI Act; mappare i sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio sviluppati e di comunicarlo; investire nella formazione del proprio personale e di chi deve adottare i propri modelli.