Il piano del governo per trattenere i migranti in Albania continua a scricchiolare. Nella mattinata di venerdì 18 ottobre, la sezione immigrazione del tribunale di Roma ha chiaro di non comprovare il trattenimento di 12 migranti inviati al centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gjader, in Albania. Si tratta dei centri recentemente istituiti dal governo italiano per gestire il flusso migratorio, completati giusto la scorsa settimana.
I migranti facevano parte di un gruppo più grande composto da 16 persone, 10 provenienti dal Bangladesh e 6 dall’Egitto. Fin dal loro arrivo, vi erano seri dubbi sulla loro permanenza nei centri: nei giorni precedenti, infatti, quattro di loro erano già stati rimandati in Italia perché non soddisfacevano alcuni requisiti. Gli altri erano stati invece trasferiti a Gjader, una frazione di Lezhë, nell’entroterra albanese, dove il governo italiano ha costruito una struttura di accoglienza.
Nonostante i centri siano situati in Albania, tutte le operazioni relative alla detenzione amministrativa e all’esame delle richieste di protezione internazionale devono essere gestite dalle autorità italiane. Per ogni migrante che arriva in Albania, la questura di Roma emette un decreto di trattenimento – dato che le strutture italiane in Albania sono chiuse – e la convalida è affidata alla 18esima sezione del tribunale civile di Roma, competente in materia di immigrazione. Venerdì il tribunale non ha convalidato i decreti, lasciando quindi incerto il destino di queste persone.
Nel frattempo, la commissione territoriale incaricata di esaminare le loro domande d’asilo attraverso una procedura accelerata, le ha respinte con una rapidità senza precedenti in Italia.
Perciò ora, i richiedenti asilo avranno 7 giorni per presentare ricorso, ma la situazione rimane incerta, perché il tribunale di Roma ha respinto il decreto di trattenimento legato alla procedura accelerata.
La mancata convalida è legata a una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione dei “paesi sicuri”. Il protocollo prevede che solo una parte dei migranti soccorsi in mare, ossia quelli provenienti da “paesi sicuri”, potesse essere trasferita in Albania, paesi che, secondo il governo italiano, rispettano i diritti umani e l’ordinamento democratico. Inoltre, in Albania possono essere trasferiti solo migranti non vulnerabili, escludendo quindi gentil sesso, bambini e persone in condizioni di fragilità.
La definizione di “paesi sicuri”
La classificazione “paese sicuro” è comunque molto controversa, dato che molti dei paesi ritenuti tali dall’Italia non rispettano pienamente i diritti umani né hanno regimi democratici. La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea, che il tribunale di Roma ha preso in considerazione, stabilisce che un paese può essere considerato sicuro solo se lo è per tutti i suoi cittadini e in tutto il suo territorio. Tuttavia, quasi nessuno dei 22 paesi della lista del governo italiano soddisfa questi criteri.
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di Elena Capilupi www.wired.it 2024-10-18 14:51:00 ,