“Capitai in questo paesaggio di Fårö, con la sua assenza di colori, la sua durezza e le sue proporzioni straordinariamente ricercate e precise. Come sia accaduto non lo so, ma qui ho messo le radici”. E lì Ingmar Bergman morì, il 30 luglio 2007. Lui stesso, nella sua autobiografia – intitolata, non a caso, Lanterna magica – aveva raccontato com’era nato il suo amore per il cinema. Da piccolo, a Natale, barattò la sua collezione di soldatini con la lanterna magica del fratello. E da quella folgorazione primigenia scaturì la passione della sua vita, che ha prodotto capolavori come Il settimo sigillo, Il posto delle fragole, Sussurri e grida e Fanny & Alexander. L’amore per la settima arte era cominciato molto presto anche per Peter Bogdanovich, nato il 30 luglio 1939 a Kingston, nello stato di New York. A 12 anni iniziò a tenere nota di ogni film che guardava, con annesso giudizio. Entro il 1970 ne aveva visti oltre 5mila. Così diventò un grande storico e critico per importanti riviste. Poi passò alla regia: il suo film più bello è probabilmente il secondo, L’ultimo spettacolo, del 1971, che lanciò una generazione di nuovi attori (Jeff Bridges e Cybill Shepherd) e consacrò una grande come Cloris Leachman.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-07-29 23:00:00 ,www.repubblica.it