AGI – Non si arresta a Wall Street la caduta del titolo di Didi, l’app cinese di ride hailing che ha raccolto la scorsa settimana oltre 4 miliardi di dollari in una IPO a New York: ora le azioni cedono oltre il 20%, ma sono arrivate a perdere anche il 25%.
In pratica, è andato in fumo un quarto del suo valore di mercato dopo che i regolatori cinesi hanno annunciato l’apertura di un’indagine sulla società.
Poco prima dell’apertura del mercato a New York, il governo di Pechino aveva espresso l’intenzione di inasprire le restrizioni sulle quotazioni all’estero, mettendo in agitazione tutte le aziende cinesi che cercano di raccogliere capitali a Wall Street.
Un giro di vite tradotto nell’annuncio del massimo organo del governo cinese, il Consiglio di Stato, che ha fatto sapere di voler agire per rafforzare la protezione dei dati sensibili relativi alle quotazioni all’estero, e “consolidare le responsabilità di sicurezza delle informazioni delle società quotate all’estero“.
In sostanza come ha riferito Bruce Pang, capo della ricerca presso la banca d’investimento China Renaissance, riportato dal Ft, le nuove regole potrebbero imporre lunghi periodi di attesa a tutte le aziende che cercano di quotarsi all’estero.
Misure che “colpiranno il sentiment degli investitori, deprimeranno le valutazioni delle IPO negli Stati Uniti e renderanno più difficile raccogliere fondi a New York“.
Nella prima metà del 2021, 34 società cinesi hanno raccolto un record di 12,4 miliardi di dollari a New York: il Ft riporta i dati di Dealogic, dai quali si evince anche come le banche di investimento di Wall Street abbiano beneficiato di un guadagno record di quasi 460 milioni di dollari in commissioni nello stesso periodo.
Così, oggi Didi ha guidato il calo delle azioni cinesi a New York, toccando un minimo di 11,58 dollari nei primi scambi dopo aver chiuso venerdì a 15,53 dollari.
A causa della festa del 4 luglio, la sessione di oggi è stata peraltro la prima occasione per gli investitori per vedere la reazione del pronunciamento dell’Amministrazione del Cyberspazio Cinese (CAC) di domenica scorsa: l’ente regolatore ha ordinato a Didi di rimuovere la sua app dal mercato cinese perché aveva violato le leggi sulla raccolta e l’uso dei dati personali.
Da parte sua, Didi ha precisato che “si sforzerà di correggere qualsiasi problema, migliorare la sua consapevolezza della prevenzione dei rischi e le capacità tecnologiche, proteggere la privacy degli utenti e la sicurezza dei dati, e continuare a fornire servizi sicuri e convenienti ai suoi utenti”.
Il gruppo ha aggiunto che “si aspetta che il takedown dell’app possa avere un impatto negativo sulle sue entrate in Cina“.
L’autorità cinese aveva raccomandato nelle settimane prima della quotazione negli Stati Uniti che la società ritardasse la sua IPO fino a quando non avesse condotto una revisione della sua sicurezza dei dati.
E oggi la società cinese ha fatto sapere che non era “a conoscenza” della decisione dei regolatori di intervenire fino a dopo la sua IPO.
Le autorità hanno anche chiamato in causa preoccupazioni di sicurezza nazionale, una mossa insolita contro un’azienda tecnologica nazionale.
L’app, che è diventata pubblica solo la settimana scorsa dopo aver raccolto 4,4 miliardi di dollari in un’offerta pubblica iniziale, sostiene di avere più di 15 milioni di autisti e quasi 500 milioni di utenti.
Soprannominata Uber della Cina, Didi è stata fondata solo nove anni fa dall’ex dirigente di Alibaba Cheng Wei.
Ha continuato a dominare il mercato del ride-hailing del paese dopo aver vinto una costosa guerra contro il titano statunitense nel 2016 e aver rilevato l’unita’ locale di Uber.
Ma in questi giorni sta subendo parecchi colpi: il Wall Street Journal ha riferito che l’autorita’ cinese del mercato ha tentato settimane prima dell’IPO di dissuadere Didi dall’andare avanti con la vendita delle azioni.