Amazon tax: il governo rinuncia, per ora

Amazon tax: il governo rinuncia, per ora

Amazon tax: il governo rinuncia, per ora


Nel testo della legge di Bilancio varata lo scorso 21 novembre dal governo, la grande assente rispetto alle voci della vigilia è quella che era già stata ribattezzata Amazon tax o tassa verde. L’esecutivo non ha introdotto, almeno per ora, nessun tributo sulle consegne dei beni acquistati online e trasportati direttamente a dimora dei clienti con mezzi inquinanti, ovvero non ibridi o elettrici.

Nelle ipotesi del governo, la tassa avrebbe avuto una duplice valenza: reperire risorse utili a tagliare il cuneo fiscale e finanziare le misure previste per contrastare il caro energia e l’inflazione e difendere i piccoli negozi e il commercio di prossimità. Inoltre, il tributo avrebbe difficilmente compreso ogni genere di prodotto acquistato online: ne sarebbero rimasti esclusi beni di prima necessità, generi alimentari e prodotti legati alla ristorazione.

L’Amazon tax avrebbe dovuto prevedere un’aliquota compresa tra il 10% e il 20%, ma non avrebbe colpito soltanto l’azienda fondata da Jeff Bezos. Avrebbe infatti coinvolto altri colossi del web, escludendo invece le società di ecommerce più piccole, alla stregua di quanto accaduto con la web tax introdotta dal governo giallorosso guidato da Giuseppe Conte.

È molto probabile che a incidere sulla scelta del governo Meloni di rinunciare, almeno in questa fase, alla misura siano state anche le reazioni che l’ipotesi sulla sua nascita avevano scatenato. “La presunta ‘Amazon Tax’ sulla rete distributiva dell’ecommerce proposta dal Governo all’interno della nuova legge di Bilancio – aveva affermato in una nota lo scorso 19 novembre il presidente di Netcomm (il consorzio dell’ecommerce italiano) Roberto Liscianon tiene conto del reale impatto economico e ambientale di questo settore sull’intera economia del nostro Paese. Porre un freno a un settore strategico come quello del digitale, che già sta subendo un rallentamento a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi tecnologici e di gestione dell’intera rete, significherebbe minare la competitività dell’Italia sul piano internazionale”. 

A farne le spese – aveva proseguito il responsabile del consorzio italiano del commercio digitalesono in primis le piccole e medie imprese, che hanno trovato nel digitale, in questi ultimi anni, una risorsa strategica per lo sviluppo del loro export, raggiungendo consumatori in tutto il mondo grazie all’ecommerce”.  

Liscia aveva inoltre sottolineato i dati rilevati da una ricerca condotta per il consorzio da The European House – Ambrosetti, secondo la quale “la rete del valore dell’ecommerce e del digital retail in Italia genera ricavi per circa 58,6 miliardi di euro, occupa il terzo posto tra le 99 attività economiche italiane per incidenza sul fatturato del settore privato in Italia e ha un impatto del 19,2% sulla crescita di fatturato del totale delle attività economiche italiane”.

Per il presidente di Netcomm avrebbe dunque conseguenze negative introdurre una tassa e colpire “una rete che, solo nel 2019, contava 678 mila imprese e oltre 290 mila lavoratori”.



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di Alessandro Patella www.wired.it 2022-11-22 16:15:36 ,

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