di Antonio Piemontese
Finisce la Youth4Climate, evento nel programma di preparazione alla Cop26. I giovani contestano le decisioni prese su dati vecchi e gli impegni blandi dei governi
Non si fidano. “Com’è possibile combattere il cambiamento climatico se i dati sono già vecchi di anni quando vengono pubblicati?”. È una delle domande, forse tra le più pregnanti, posta dai ragazzi nella plenaria finale di Youth4Climate, kermesse milanese che ha messo attorno a un tavolo quattrocento giovani delegati per confrontarsi sul cambiamento climatico e dare suggerimenti agli adulti che si ritroveranno alla Cop26 di Glasgow a inizio novembre.
La tre giorni lombarda, primo evento del genere (come non ha mancato di ripetere il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani, padrone di abitazione) ha visto la città aprire le porte nonostante la pandemia. I quattro tavoli di discussione (con tampone per tutti ogni 48 ore) hanno prodotto un documento comune che sarà presentato a Glasgow al meeting di diplomatici ed esperti. Una riunione-monstre su cui si riversano molte aspettative, ma maledettamente irta di difficoltà per la necessità di mettere d’accordo le istanze di paesi estremamente diversi per interessi e grado di sviluppo.
Youth4Climate: i temi emersi
Il peso delle disuguaglianze economiche nella percezione del cambiamento climatico, le promesse non mantenute, le ambiguità delle dichiarazioni tra i punti chiave emersi da dibattito meneghino. Ma sul piatto ci sono anche i problemi che si incontrano nel raggiungere chi non parla le lingue più diffuse e i segmenti meno istruiti della cittadinanza, i prestiti mascherati da aiuti, la corruzione che impedisce ai fondi di raggiungere le comunità locali.
Pensata per dare voce alle nuove generazioni (metà della cittadinanza mondiale ha meno di trent’anni e la gran parte vive in paesi in via di sviluppo), Youth4Climate ha messo i giovani leader di domani di fronte alle contraddizioni della politica internazionale, in molti casi per la prima volta. All’entusiasmo dell’arrivo, col passare delle ore si sono sostituiti visibilmente stanchezza, disagio e disillusione. E non è stata solo la difficoltà di sintetizzare le posizioni a fiaccare lo spirito di chi ha partecipato.
Prima di lasciare il capoluogo lombardo, i giovani hanno avuto la possibilità di riunirsi e interloquire con i ministri di una ventina di paesi, arrivati in città per prendere parte al Pre-Cop, il vertice preparatorio all’appuntamento scozzese. E non hanno mancato di evidenziarne le contraddizioni. “Doveva essere un momento di confronto, invece venite qui con i vostri discorsi preparati e risposte preconfezionate”, ha accusato una partecipante, sottolineando quanto era sotto gli occhi di tutti.
Un’organizzazione che ha funzionato
Nonostante l’impatto con la realtà delle assemblee sia stato duro, per molti l’esperienza è stata complessivamente positiva. Il processo di scrematura che ha condotto alla selezione di quattrocento delegati su oltre ottomila candidature pervenute ha portato a Milano un’avanguardia della futura classe dirigente globale, che all’ombra del Duomo si è incontrata e resterà in contatto grazie alle piattaforme. C’è chi, come una delegata indiana, sta già organizzando un network e ha invitato i colleghi a iscriversi. Tantissimi i profili Twitter, Instagram, i biglietti da visita scambiati. Ventenni (in qualche caso anche più giovani) preparati, consapevoli, ambiziosi.
“Ci assicureremo che la loro voce arrivi al vertice di Glasgow” ha chiosato Alok Sharma, ministro britannico e presidente designato della Cop26. Dal punto di vista organizzativo, l’appuntamento milanese può dirsi riuscito. “Una pietra miliare”, l’ha definita Cingolani, che ha auspicato diventi tradizione. E riguardo al tema dei dtati ha commentato: “Si tratta di un tema fondamentale. Siamo circondati dall’intelligenza artificiale, abbiamo dati che ci dicono tutto, persino quando ci sarà consegnato il cibo che abbiamo ordinato, ma su queste informazioni c’è ancora molto da fare”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Cingolani ha promesso un aumento dell’impegno dell’Italia nel trasferimento di risorse ai paesi in via di sviluppo per aiutarli nella transizione energetica e nella gestione delle conseguenze del cambiamento climatico. L’obiettivo è arrivare a un miliardo di euro l’anno: al momento, le stime sull’impegno del Belpaese parlano di 600 milioni di dollari. “Non basterà ancora”, ha affermato, ma è un punto di partenza.
La contestazione
In mattinata il discorso del presidente del Consiglio Mario Draghi, presente assieme al capo dello Stato, Sergio Mattarella, è stato interrotto dalla contestazione di un piccolo gruppo di dimostranti con cartelli, che hanno intonato slogan. I contestatori, pacifici e regolarmente accreditati, sono stati allontanati. Fuori dall’edificio, tre gruppi di manifestanti hanno tentato di bloccare l’accesso al centro congressi Mico, sede dell’evento. Si è registrato qualche momento di tensione, che ha portato all’identificazione di tre persone da parte delle forze dell’ordine.
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www.wired.it
2021-09-30 15:55:55