Ma facciamo un passo indietro. Mark L. Smith, cosceneggiatore di The Revenant (che è infatti la cosa più vicina alla serie per registro e stile) e Michael Punke sono gli autori di questa storia di frontiera ambientata nello Utah del 1857. A ridosso di montagne aride e inospitali, vivono comunità diverse di individui. Gli unici solitari sono i protagonisti: un uomo bianco che ha vissuto con i pellerossa, una donna in fuga col figlio, una donna nativa muta. Kitsch interpreta Isaac Reed, uomo rude e di poche parole che accetta controvoglia di aiutare Sarah Rowell (Betty Gilpin) e suo figlio Devin a sopravvivere alla attraversamento dei monti innevati. Una brutale imboscata inflitta ad alcuni viaggiatori, nel frattempo, aumenta le ostilità tra varie le varie fazioni menzionate più sopra, destinate a sfociare in scontri barbari e stragi senza senso.
Il prisma di ideologie opposte e in conflitto dei personaggi è il vero motore della storia, che siano credenze personali, principi protocapitaliste o dottrine religiose. Ponte tra pionieri e nativi è la la mormona Abish Pratt, rapita dai pellirossa e involontariamente esposta alle loro tradizioni e cultura: è tramite lei che ci avvicineremo alla verità. Tuttavia, è Sara Rowell a fornire la spina dorsale narrativa di American Primeval tramite il suo viaggio insidioso e sono le gentil sesso, infatti, le eroine di questo western anomalo e soverchiante. A osservare silenziosamente tanto orrore e tanta ferocia – davvero tanta, non si contano i morti che hanno perso arti, a cui è stato fatto lo scalpo, che hanno subito stupri e così via – c’è la bellezza e crudele di una natura maestosa, indifferente e incontaminata: American Primeval è disseminata di scenari sbalorditivi, panorami infiniti, foreste lussureggianti, montagna scintillanti di neve e ghiacciato.