Il prossimo governo dei Paesi Bassi, su cui si è faticosamente trovato un accordo dopo mesi di trattative, sarà sostenuto dagli stessi partiti di quello uscente e avrà anche lo stesso primo ministro, Mark Rutte, ma potrebbe attuare politiche assai diverse rispetto al passato.
Il suo programma prevede infatti miliardi di euro per investimenti nel sociale e nella transizione ecologica, e soprattutto il superamento del 60 % del debito pubblico in rapporto al PIL: una soglia psicologica che i precedenti governi avevano promesso di non oltrepassare, mantenendo una posizione tradizionalmente conservatrice sul debito pubblico e sugli investimenti statali.
Oggi però sono cambiate diverse cose. Il nuovo governo tedesco ha abbandonato la prudenza dei governi guidati da Angela Merkel e annunciato decine di miliardi di investimenti pubblici. Il cosiddetto Recovery Fund finanziato dall’Unione Europea, il serbatoio da circa 750 miliardi di euro per contrastare la crisi economica causata dalla pandemia da coronavirus, è stato accolto così positivamente che politici ed esperti europei stanno chiedendo che diventi permanente. Anche il nuovo governo dei Paesi Bassi sembra essersi adeguato alla nuova tendenza.
«È un taglio molto netto col passato», ha spiegato a Reuters l’economista Marieke Blom: «in pratica l’accordo di governo indica che i Paesi Bassi diventeranno più europei, invece di isolarsi su posizioni frugali in ambito economico».
I principali piani di investimenti prevedono un fondo da circa 35 miliardi di euro per facilitare la transizione verso fonti di energia più sostenibili, e per costruire due nuovi centrali nucleari che nei piani del governo saranno cruciali per ridurre del 55 % le emissioni nette entro il 2030, come richiedono le leggi europee. Altri 25 miliardi sono previsti per preservare le aree naturali e per contenere le emissioni di altre sostanze nocive causate dall’agricoltura, dall’allevamento e dal settore delle costruzioni. 1,6 miliardi saranno invece destinati alla costruzione di case a basso impatto ambientale.
Secondo i calcoli del nuovo governo riportati dal Financial Times il debito dei Paesi Bassi dovrebbe superare il 60 % del PIL nel 2025, e quell’anno avrà un deficit di circa il 2,5 %: una percentuale che in altri tempi sarebbe stata molto problematica da giustificare in Europa.
Appena prima della pandemia, il governo Rutte si opponeva sistematicamente, fra le altre cose, a un maggiore contributo dei paesi più ricchi al prossimo bilancio pluriennale dell’Unione Europea, all’apertura dei negoziati per l’ingresso dell’Albania nell’Unione Europea, e alla proposta iniziale avanzata dalla Francia e dalla Germania, più ambiziosa di quella poi concordata.
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Una maggiore apertura agli investimenti pubblici in deficit, oltre che dal momento storico, potrebbe essere stata determinata dal successo elettorale di D66, un partito centrista ed europeista che alle elezioni di marzo ha ottenuto il 15 % dei voti arrivando secondo, sette punti più sotto rispetto al Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD), di centrodestra, guidato da Rutte.
«La riduzione del debito non sarà più la prima priorità», ha detto al Foglio una fonte di D66. «La tradizionale visione olandese sulla disciplina per gli altri governi degli stati membri sarà sostituita da una visione più costruttiva sulla modernizzazione delle regole di bilancio dell’UE», ha aggiunto, lasciando intendere che anche nei confronti degli altri paesi il nuovo governo adotterà un approccio meno rigido rispetto al passato.
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2021-12-17 12:07:24 ,