anche il Canada indaga
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E due. Anche in Canada si apre un’indagine su ChatGPT. Il Garante per la privacy federale ha annunciato il 4 aprile l’avvio di un’istruttoria a carico di OpenAi, la startup che sviluppa il potente chatbot conversazionale. La mossa di Ottawa arriva a pochi giorni dalla sospensione temporanea del trattamento dei dati personali che il Garante italiano ha ordinato a ChatGPT, prima autorità al mondo a contestare il mancato consenso all’uso dei dati personale per l’addestramento dell’intelligenza artificiale generativa.

Lo scenario:

  1. Effetto domino
  2. Il blocco canadese
  3. Questione dati personali

Effetto domino

Era nell’aria che l’indagine di piazzale Venezia a carico di OpenAi avrebbe potuto avere un effetto domino. E così è stato. Siccome il Garante italiano si è mosso sulla base del Gdpr, il regolamento europeo per la protezione dei dati personali, il primo riflesso si è avuto nel Vecchio continente. Altri colleghi del blocco in Francia, Germania e Irlanda stanno studiando il dossier. Non è un caso che OpenAi e l’Authority italiana si incontrino per un primo colloquio virtuale nella serata di mercoledì 5 aprile.

È il segno che in primis il inventore di OpenAi Sam Altman e i suoi hanno intuito che è meglio frenare la valanga sul nascere. Non solo in Europa, d’altronde, si valutano indagini, ma anche in Giappone. O nel Regno Unito. E negli Stati Uniti settimana scorsa è stato depositato un ricorso alla Federal trade commission, che si occupa di antitrust, da parte del gruppo di ricerca no-profit Center of Ai and digital policy per presunte pratiche di business anticoncorrenziali.

Sebbene la startup abbia immediatamente sospeso l’accesso a ChatGPT per chi si collega dall’Italia e congelato gli abbonamenti, promettendo rimborsi a chi ne avesse sottoscritto uno a marzo, a Wired un portavoce ha fatto sapere: “Siamo attivamente impegnati a ridurre i dati personali nell’addestramento dei nostri sistemi di Ai come ChatGPT perché vogliamo che le nostre Ai imparino informazioni sul mondo, non rispetto a singoli individui. Crediamo che una regolamentazione sull’Ai sia necessaria, quindi intendiamo lavorare a stretto contatto con il garante ed educarli su come i nostri sistemi sono costruiti e utilizzati”.

Il blocco canadese

Il Garante canadese Philippe Dufresne in una nota ha detto che: “La tecnologia dell’intelligenza artificiale e i suoi effetti sulla privacy sono una priorità del mio ufficio. Dobbiamo tenere il passo e anticipare i veloci avanzamenti tecnologici e questa è una delle aree principali del mio operato quale garante”. Al momento l’autorità canadese non ha diffuso dettagli maggiori sull’indagine, che muove comunque dalle stesse basi di quella dei colleghi italiani. Ossia contestazioni sulla raccolta, l’uso e la diffusione di dati personali senza consenso.



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di Luca Zorloni www.wired.it 2023-04-05 09:01:26 ,

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