Padova — Anila è stata colpita alla nuca dal braccio meccanico, che l’ha poi spinta nel macchinario dove è morta stritolata in pochi istanti. Ma c’è qualcuno che ha premuto il pulsante: è un collega di lavoro. Non si era accorto che vicino al congegno che automatizza l’avvolgimento dei bancali c’era Anila Grishaj, 26 anni, operaia di origini albanesi alla Bocon di Pieve di Soligo. L’errore di un istante in grado di cambiare il corso di due esistenze. È la traccia che sta seguendo la procura di Treviso, nell’indagine aperta dopo l’ennesima tragedia sul lavoro. L’operaio è stato indagato con l’ipotesi di reato di omicidio colposo.
Su iniziativa del senatore Andrea Martella, che è anche segretario del Pd in Veneto, l’ufficio di presidenza del Senato, allargato ai rappresentanti dei gruppi della Commissione di inchiesta sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sarà in sopralluogo a Treviso la prossima settimana. «Dobbiamo usare tutti gli strumenti istituzionali a disposizione per affrontare questa vera e propria emergenza, innalzando gli standard di sicurezza sui luoghi di lavoro e promuovere la cultura per ridurre il rischio incidenti», ha detto Martella.
Ci sarebbe quindi un errore umano dietro la tragedia di martedì pomeriggio all’interno dello stabilimento di surgelati. Ma l’inchiesta della Procura, affidata ai tecnici dello Spisal e ai carabinieri, è solo all’inizio. Bisogna chiarire se l’incidente sia frutto di un evento imprevedibile, come l’errore umano del collega, oppure se sia successo a causa di carenze al sistema di sicurezza. In questo caso sarebbero coinvolte anche altre figure aziendali, come i legali rappresentanti e il preposto.
Il collega di Anila Grishaj non è stato ancora interrogato: è sotto shock. Momenti strazianti, con gli inutili tentativi di chi si trovava nelle vicinanze per liberarla da quella trappola mortale. Ad arricchire il fascicolo delle indagini ci sono le immagini del sistema di videosorveglianza interno alla fabbrica, che sono già state acquisite.
Le telecamere avrebbero ripreso tutto, ed è un ulteriore sistema di verifica di quanto già testimoniato dai colleghi di lavoro di Anila. Secondo una prima ricostruzione l’operaia era in piedi davanti al macchinario per l’imballaggio, che era stato spento poco prima dal collega. Sempre lui, non essendosi accorto della presenza di Anila, ha riacceso l’impianto, azionando così il braccio meccanico.
La ventiseienne è morta all’istante per la frattura delle vertebre cervicali. Probabilmente si è trovata nel punto sbagliato al momento sbagliato, convinta del fatto che l’impianto fosse effettivamente spento. Accertamenti tecnici dovranno invece stabilire se il dispositivo fosse perfettamente funzionante, e se i meccanismi di sicurezza fossero efficienti. Il robot pallettizzatore, così si chiama in gergo tecnico il macchinario che automatizza e velocizza l’operazione di movimentazione dei bancali, ha agganciato la ragazza all’altezza del capo, senza lasciarle scampo.
«Rimarrai per sempre nei nostri cuori», ha scritto sui social la madre del suo fidanzato. Anila abitava a Miane (Treviso) con mamma Marjana, papà Agostin, la sorella Alma e il fratello Aurelio. Emma Marrazzo, madre di Luana D’Orazio, la giovane di 22 anni morta stritolata dentro un orditoio di una azienda tessile a Montemurlo (Prato) nel maggio del 2021, ha commentato questa ennesima morte: «Non sono incidenti sul lavoro, sono veri e propri omicidi. Tante parole di cordoglio, ma poi non cambia mai nulla».
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-11-15 22:24:56 ,www.repubblica.it