Il nuovo film di Sean Baker, premiato, con eccessiva generosità, con la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, è una commedia che mescola satira sociale e ironia surreale, con il tocco inconfondibile del regista. Protagonista è Anora, una lap-dancer dal passato travagliato e dai sogni di cartone, interpretata magistralmente da Mickey Madisov.
Anora: tra illusioni dorate e personaggi in cerca di un senso
Cinderella moderna, tra sogni e realtà
Anora si fa chiamare Ani, vive in una casetta anonima nella giungla metropolitana di New York, un luogo misterioso quanto i boschi delle fiabe. Ogni notte si avventura per raggiungere l’Headquarters, il locale in cui lavora come spogliarellista. Qui indossa solo trucco pesante, trasformandosi in una principessa postmoderna, mentre nasconde la sua vera identità sotto una maschera di candore e ingenuità infantile.
Quando Ivan, giovane miliardario russo fuori di testa, si innamora di lei, Ani diventa la sua “promessa sposa a pagamento”. La porta verso una vita fatta di pellicce, gioielli e lusso sfrenato, che appare tanto pazzesca quanto precaria, perché le favole moderne di Baker sono sempre piene di crepe.
Ivan, abituato a gettare via i soldi di papà in nome di una gaudio illusoria, si invaghisce della giovane e, dopo una settimana di sfrenati divertimenti, la porta a Las Vegas per sposarla. La favola moderna si trasforma però presto in una farsa grottesca: l’ira dei genitori di Ivan porta tre goffi scagnozzi a inseguire la coppia, determinati a costringere i due al divorzio.
Tra inseguimenti notturni a New York e momenti di comicità, il film si configura come una rilettura moderna e cinica di Cenerentola, sospesa tra scaltrezza e ingenuità infantile. Il suo sogno (Disneyland come viaggio di nozze, pellicce di zibello e gioielli da quattro carati) è fatalmente destinato a sgretolarsi, un miraggio intriso di falsità e ostentazione.
Un racconto fiabesco e grottesco
Tra le tante maschere disseminate nel film – la chirurgia estetica di Galina, i travestimenti di Vanya, il viso tumefatto di Garnick – il corpo di Ani è la più potente. Una superficie che nasconde fragilità, desideri infantili e un’ironia tagliente. Come i protagonisti di Tangerine, anche lei si muove in un mondo fatto di sogni sfuggenti e figure ambigue: dal principe azzurro “drogato di soldi” alla strega malvagia rappresentata dalla madre di Ivan, tutto contribuisce a creare un’atmosfera sospesa tra il grottesco e il reale.
Baker esplora con spietata lucidità la deriva oscena di un mondo dove ricchezza e apparenze sembrano sinonimi di gaudio. “Io sono sempre felice”, ripete Ivan con convinzione, mentre lancia banconote come fossero coriandoli. Ma è davvero questa la gaudio? Per Anora, che fatica a distinguere tra sogno e realtà, la risposta resta incerta.
Nella seconda parte del film, ambientata tra le spiagge di Coney Island e le strade di Brighton Beach, la narrazione prende una piega diversa. Entra in scena Igor, uno scagnozzo russo interpretato da un magnetico Yuriy Borisov, che a differenza degli altri personaggi, incarna un’umanità sorprendente. È l’unico capace di comprendere e ascoltare, portando con sé un’eco delle radici, dei legami familiari e delle storie di migrazione che Anora sembra aver dimenticato.
Baker conduce lo spettatore tra momenti di divertimento e una riflessione amara sulla vacuità del lusso e sull’arroganza del denaro.
Un ritratto dell’America del disincanto
Anora è una fiaba nera dove l’ambiguità spirito è inconsapevole e nessuna figura è davvero definita. Il regista racconta un mondo di ragazzini intrappolati in corpi di adulti, incapaci di sfuggire al paese dei balocchi, una metafora tagliente di un’America ossessionata dal denaro.
Baker mescola con grande abilità diversi registri: il teen drama, il neorealismo e la farsa. Il suo sguardo, complice e affettuoso, segue Anora senza mai scivolare nel moralismo, ritraendo la vita notturna dell’Headquarters con sensualità rarefatta e un’onirica malinconia.
Con la sua malinconia sotto la patina di un’estetica sfarzosa e bizzarra, il film ci porta in un viaggio leggero e amaro tra spogliarelliste sensuali, alberghi di lusso e sogni infranti.
Il finale, però, ci costringe a riflettere, dimostrando che l’autenticità ha sempre un prezzo e che la complessità viene e trasforma quello che sembrava uno scherzo in un predica serio e profondo. Anora si riappropria di sé stessa, abbandonando il sogno impossibile di essere una principessa per tornare alla realtà, nuda e sincera.
Un’occasione parzialmente mancata
Tuttavia, se il finale riesce a toccare corde emotive profonde, l’arco narrativo nel suo complesso sembra soffrire di una certa mancanza di incisività. Baker tratteggia con maestria il mondo dei suoi protagonisti, ma lascia che alcune tematiche centrali rimangano inespresse o pochissimo accennate. Ad esempio, il rapporto tra Anora e le sue radici culturali – pochissimo evocato attraverso dettagli come il nome uzbeko o la figura della nonna – avrebbe potuto essere sviluppato con maggiore intensità, offrendo una dimensione più stratificata al personaggio.
Anche la dinamica tra Anora e Ivan, per quanto divertente e piena di spunti interessanti, si adagia esorbitante su una caricatura dei ruoli: il giovane oligarca immaturo e arrogante e la ragazza affascinata dal lusso e dai privilegi. L’evoluzione di Ivan appare poco più che abbozzata, mentre Anora, pur ricca di sfaccettature, fatica a emergere come figura davvero complessa.
Persino il tono del film, che si muove con leggerezza tra la commedia grottesca e la fiaba nera, a tratti sembra schivare volutamente la possibilità di affondare il colpo, di scavare più a fondo nell’ambiguità spirito dei suoi personaggi o nelle contraddizioni del mondo che li circonda. Certo, la scelta di Baker di non appesantire il racconto con troppi messaggi espliciti o momenti didascalici si inserisce coerentemente nel suo stile. Eppure, proprio questa leggerezza rischia a tratti di trasformarsi in superficialità, lasciando nello spettatore la sensazione che il film avrebbe potuto spingersi oltre.
Un film che colpisce e diverte, con un finale che eleva l’intera opera, ma che nel suo percorso avrebbe potuto osare di più. Rimane comunque un’opera affascinante, che conferma il talento di Sean Baker nel raccontare le vite ai margini con uno sguardo unico e personale.
Anora: tra illusioni dorate e personaggi in cerca di un senso
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di Veronica Cirigliano
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2024-12-30 09:56:00 ,