L’antibiotico-resistenza diventa sempre più motivo di preoccupazione. Ogni anno in Europa si registrano oltre 670mila infezioni da batteri resistenti alle cure, che causano oltre 35 mila decessi. Di questi, ben 11 mila si verificano in Italia. Questi sono solamente alcuni dei dati più allarmanti difficilmente emersi dall’ultimo rapporto di sorveglianza dell’Ecdc europeo, redatto dall’Agenzia Italiana del farmaco (Aifa) e presentato in occasione della giornata europea per la lotta all’antibiotico-resistenza, che si celebra proprio oggi, 18 novembre. Secondo gli esperti, nel 2050 la pandemia dell’antibiotico resistenza, indicata dall’Organizzazione mondiale della sanità come una delle grandi emergenze sanitarie, rischia di diventare la prima causa di morte nel nostro Paese. Ecco i dettagli.
L’aumento dei consumi
Nonostante le campagne di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza della resistenza antimicrobica (Amr) e portare a un utilizzo più responsabile degli antibiotici, il loro consumo continua ad crescere: secondo il rapporto, infatti, in Italia l’uso di questi farmaci nel 2023 è aumentato del 6,4% rispetto all’anno precedente, con una forte variabilità da regione a regione. Lo scorso anno, infatti, quasi 4 persone su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotico, con livelli più elevati al Sud, dove il 44,8% della cittadinanza ne ha assunto almeno uno in corso d’anno, contro il 30,9% del Nord e il 39,9% del Sud. “Differenze che fanno riflettere anche sull’appropriatezza delle prescrizioni e dei consumi”, spiegano dall’Aifa. La superiorità nell’uso di antibiotici aumenta con l’avanzare dell’età, e raggiunge il 60% negli over 85, mentre nei bambini i consumi maggiori si concentrano tra 2 e 5 anni d’età, in cui circa 4 bambini su 10 hanno ricevuto nell’anno almeno una prescrizione.
I numeri della pandemia
Il problema dell’antibiotico-resistenza riguarda sopratutto la prevenzione delle infezioni in ospedale. Infatti, nel biennio 2022-23, secondo le stime, 430mila ricoverati hanno contratto un’infezione durante la degenza, l’8,2% del totale dei pazienti contro una media europea del 6,5%. Per quanto riguarda gli antibiotici, inoltre, sono stati somministrati al 44,7% dei degenti contro una media europea del 33,7%. “E così il cane si morde la coda, perché l’uso così massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci”, spiegano dall’Aifa. “Tra i microbi più diffusi troviamo la Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi, lo Pseudomonas che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%, l’escherichia coli, che genera diarrea anche sanguinolenta, il clostridium difficile, che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%”. In ambito ospedaliero, inoltre, è aumentato l’utilizzo di antibiotici indicati per la terapia di infezioni causate da microrganismi multi-resistenti. “Complessivamente i consumi in Italia si mantengono superiori a quelli di molti Paesi europei”, spiegano gli esperti. Il nostro è anche uno dei Paesi europei con il minor numero di consumi degli antibiotici del gruppo “Access” (47%), considerati antibiotici di prima scelta, che secondo l’Oms dovrebbero costituire almeno il 60% dei consumi totali.
Gli obbiettivi
Nel rapporto, infine, vengono fissati alcuni obiettivi, tra cui appunto quello di portare al 65% del consumo totale gli antibiotici del gruppo “Access”. “La situazione italiana è critica sia per la diffusione dell’antibiotico resistenza sia per il consumo degli antibiotici, rendendo pertanto urgenti le azioni di prevenzione e controllo”; conclude Robert Nisticò, presidente dell’Aifa. “Il trend è infatti di nuovo in crescita e così il consumo continua a essere sempre più superiore alla media europea, sia nel settore umano che veterinario, con una grande variabilità tra le regioni e con un ritorno nel 2022 ai proprietà registrati durante il periodo pre-pandemico”.
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di Marta Musso www.wired.it 2024-11-18 11:23:00 ,