Chi scrive, a suo tempo trovò il primo Aquaman il perfetto erede di ciò che era stato La Mummia di Stephen Sommers, che fece diventare Brendan Fraser un idolo generazionale. Ma come fu per La Mummia 2, anche questo Aquaman e il Regno Perduto ci imprigiona dentro una trama inutilmente accelerata e didascalica, mal scritta e ancor peggio recitata. Eppure, per qualche motivo, riesce comunque a non deragliare mai completamente, si salva per il rotto della cuffia. Questo non solo grazie ad una regia di James Wan comunque abbastanza convincente, ma soprattutto ad una dimensione visiva magnifica quanto esagerata, colorata, fantasiosa, insomma fumettistica, cosa che per esempio l’ultimo, poco amato Flash non aveva per nulla. Se ci pensiamo, è molto più di quanto gran parte dei film della Marvel negli ultimi anni ci abbiano donato, perché questo film cerca se non altro di far divertire e basta. In modo infantile, eccessivo, caotico, sciocco certo, ma perlomeno ci prova. A guardare poi con maggiore attenzione il risultato finale, ci si rende conto che è una sorta di ibrido del cinema di intrattenimento in generale, un mix di generi che va da ciò che dominava nei decenni passati, fino ai blockbuster (cinecomics compresi) dei nostri giorni.
Un film nato male ma almeno sempre coerente con se stesso
Aquaman e il Regno Perduto di fatto è però soprattutto un peplum, o perlomeno ne recupera il 90% della struttura, quasi si trattasse di un relitto in fondo al mare. Abbiamo uomini muscolosi armati di fisici perfetti, frasi magniloquenti e battutine, combattono contro mostri, nemici di ogni sorta, in un mondo fantasy e mitologico dai colori sparati a mille. Del resto fin dagli inizi della carriera, Jason Momoa è sempre stato un po’ quello che furono Steve Reeves o Kirk Morris, i tanti Maciste, Ercole, Sansone e compagnia bella che negli anni ‘50 e ’60 facevano sognare ogni donna. Jason Momoa e Wan però fanno i furbi: prendono in prestito l’universo familiare con tematiche annesse della saga di Fast & Furious, dove Momoa è stato l’ultimo villain, e il Thor della Marvel. Ed infatti ecco fratelli-coltelli, pupe, muscolacci, birre, battutine, e poi battaglie e frasi del cuore ogni tre secondi assolutamente fuori contesto e fuori tempo. Ma vi è anche un recupero del mondo cyberpunk, del fantasy alla Jules Verne, Roy Thomas e Burroughs. Insomma, Aquaman e il Regno Perduto è come quei cocktail assolutamente assurdi ed eccessivi, è un po’ come l’angelo azzurro che tutti abbiamo bevuto. Faceva schifo, però per qualche strano motivo ha qualcosa di unico, di non replicabile, di folle e genuino e per questo non si può che rispettarlo.
Del resto un film così è come quelli di Michael Bay o Zack Snyder: li guardi se vuoi intrattenimento ad alta spettacolarità per spegnere il cervello e tanti saluti. Tutto questo a dispetto dello strizzare l’occhio alla causa ambientalista, a cercare di imitare il concetto di ucronia di un Black Panther, il percorso dell’eroe di un Iron Man. Il suo target di riferimento sono gli under 25. Non è detto che a quelli di oggi piaccia, a quelli di una volta invece avrebbe fatto impazzire proprio come fu con la saga di Rick O’Connell. Naturalmente Aquaman e il Regno Perduto è un fiasco annunciato, uno di quei progetti che non avevano più senso di esistere, vista la fine dello Snyderverse. Gunn ha tenuto solo Momoa del vecchio cast, al netto delle pressoché nulle abilità attoriali. Il che aggiunge un pelo di malinconia, perché ci si rende conto che la Warner ha dilapidato un patrimonio in termini di storie, cast, produzioni e idee semplicemente terrificanti. Questo è un film che non porta da nessuna parte, non ha un finale definitivo, è una sorta di ramo secco dell’evoluzione cinematografica. Ma alla fine fa quasi simpatia, è innocuo, non è arrogante o si prende sul serio come The Marvels, e ha poi Jason Momoa, più umile di The Rock e il suo Black Adam, quasi un Attila di Diego Abatantuono sotto steroidi.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-12-20 08:00:00 ,