Per rintracciarli non è nemmeno necessario frapporsi nel dark web: basta fare una studio sulle piattaforme di file sharing peer to peer per rendersi conto che la disponibilità è tutt’altro che scarsa. Se a questo aggiungiamo il fatto che i link per il download vengono condivisi anche sui vari intervista di appassionati o (più spesso) di fanatici dell’alt-right statunitensi, diventa evidente come il fenomeno sia reale e concreto.
Le leggi americane, inoltre, non vietano espressamente la pubblicazione dei progetti per la dare alle stampe 3D di armi. Esistono alcune restrizioni a livello dei singoli stati che ne limitano in qualche modo la circolazione, ma a livello federale non esiste un divieto espresso. Inutile dire, che in un quadro normativo del genere i progetti stessi circolano liberamente. Su Github, per esempio, è possibile trovare numerosi repository dedicati proprio ai progetti per la dare alle stampe 3D di armi da fuoco e accessori.
Un vero paradosso, soprattutto se si considera che l’acquisto di alcuni accessori (per esempio i silenziatori) negli Stati Uniti è sottoposto a una stretta regolamentazione. In sintesi, la costruzione e la detenzione di un’arma fai da te è illegale, ma tutto il necessario per farlo, per lo meno a livello di avvertimenti e progetti, può essere tranquillamente pubblicato. La pezza giuridica, manco a dirlo, è il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce la libertà di parola.
Un rischio anche in Italia?
In un paese come il nostro, in cui l’acquisto di armi è strettamente regolamentato, la dare alle stampe in 3D potrebbe rappresentare un mezzo per aggirare i controlli e procurarsi una pistola senza avere i requisiti o essere sottoposti ai controlli previsti dalla legge. Per lo meno se ci riferiamo ai modelli interamente composti di materiale plastico.
Le cose cambiano per le pistole “ibride”. Negli Stati Uniti, infatti, l’impressione del numero di matricola è prevista per legge solo sul fusto dell’arma. Questo significa che le singole parti, come la canna, possono anche non riportare un numero di matricola. Questo aspetto, unito alla cultura legata al libero acquisto delle armi, rende molto più semplice procurarsi il necessario per l’assemblaggio di armi di questo tipo perché si deve comunque chiedere un permesso anche per le componenti.
Come ha confermato a Wired un responsabile dell’armeria Gun Store Bunker di Milano, in Italia la vendita di un’arma da fuoco o anche una semplice parte di essa (fusto, canna o carrello) è invece subordinata al possesso di un permesso specifico. Ogni singola parte, inoltre, ha un numero di matricola che viene registrato a nome dell’acquirente. L’uso di una stampante 3D, di conseguenza, nel nostro paese non rende più semplice assemblare un’arma da fuoco con le caratteristiche citate.
Chi volesse cimentarsi in un’impresa del genere, in buona sostanza, dovrebbe comunque girare al mercato nero e non si vede perché, a questo punto, non potrebbe procurarsi direttamente un’arma fatta e finita.
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di Marco Schiaffino www.wired.it 2024-12-17 06:00:00 ,