Il 23 giugno a Vienna i paesi membri del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw) hanno approvato un piano di azione contro le minacce nucleari. L’approvazione è avvenuta al termine di una conferenza di tre giorni organizzata nella capitale austriaca ed è convogliata all’interno di un documento ridenominato Dichiarazione di Vienna.
La Dichiarazione verte intorno ad un impegno totale e globale contro lo sviluppo, la proliferazione e l’impiego di armi nucleari. Tra i passaggi fondamentali vi è la condanna nei confronti di “ogni e qualsiasi minaccia nucleare, sia essa esplicita o implicita e a prescindere dalle circostanze”. La International Campaign to Abolish Nuclear Weapons e il Comitato Internazionale della Croce Rossa avranno uno status consultivo permanente.
Per dare concretezza alle linee guida presenti nella Dichiarazione è stato approvato anche un piano di azione articolato in 50 punti. Tra i principii enucleati dal piano vi è quello del “nulla su di noi, senza di noi”, che prevede l’inclusione delle popolazioni colpite dal conflitto all’interno dei processi decisionali che riguardano la guerra e il processo di pace.
Sia la Dichiarazione che il piano sono stati firmati all’unanimità da tutti i 65 paesi membri del Tpnw. Tra di essi non compare alcun paese dell’alleanza Nato. Tuttavia, oltre ai 65 firmatari a Vienna si sono presentati anche altri 20 paesi in qualità di osservatori, tra cui anche alcuni membri Nato come i Paesi Bassi e la Germania. È obiettivo della stessa Convenzione l’estensione a livello globale dei principii del Trattato: “Non ci fermeremo finché l’ultimo Stato non avrà aderito al Trattato, l’ultima testata non sarà stata smantellata e distrutta e le armi nucleari non saranno totalmente eliminate dalla Terra”.
Tra gli assenti di Vienna spicca l’Italia, che alla luce del ruolo durante la Guerra fredda e dello stop alle centrali nucleari è considerato un paese nevralgico in questo ambito. Il governo Draghi non si è presentato nonostante una risoluzione presentata in Commissione Esteri e votata da tutta la maggioranza abbia chiesto di valutare una presenza a Vienna.
Secondo Daniele Santi, presidente della campagna Senzatomica, “la Conferenza di Vienna ha sottolineato ancora una volta quanto lavorare insieme a società civile, associazioni, attivisti scienziati e governi porti a risultati concreti”. Alla luce di ciò, ha proseguito Santi, “continueremo a impegnarci dimostrando quanto sia efficace e potente questo partenariato pubblico-privato. Sono certo che anche in Italia insieme riusciremo a far diventare il disarmo nucleare un tema pubblico e che, come successo per la messa al bando delle mine antipersona e delle munizioni a grappolo, sarà determinante per la loro eliminazione totale”.
L’unico italiano invitato alla Conferenza in qualità di speaker è stato Ugo Biggeri, ex presidente di presidente di Banca Etica e attuale presidente di Etica Sgr, azienda di gestione del risparmio nata nel 2000 che propone esclusivamente fondi comuni sostenibili con approccio etico. Parlando a Wired, Biggeri ha spiegato che non solo gli Stati, ma anche la finanza può giocare un ruolo importante nel processo di disarmo nucleare: “Anche se gli armamenti dipendono in buona misura dalla volontà degli Stati, la finanza può farsi etica ed evitare investimenti a favore di chi produce o collabora coi produttori di armi”.
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di Gabriele Cruciata www.wired.it 2022-06-25 05:00:00 ,