PERUGIA – La verità sulla morte di Davide Piampiano è arrivata dal video della GoPro che portava con sé per documentare la battuta di caccia al cinghiale nella zona di Assisi e riversare i contenuti sui social. La microcamera che il 24enne di Assisi, calciatore del Viole e dj per passione, portata sopra la testa racconta che il colpo mortale che lo aveva raggiunto al petto l’11 gennaio scorso non era partito dal suo fucile ma, secondo gli inquirenti, dall’arma di Piero Fabbri, 56enne concittadino, amico di famiglia della vittima, che nel comune della provincia di Perugia è conosciuto come “il Biondo”.
L’uomo è stato arrestato per omicidio volontario su richiesta della procura di Perugia. Secondo l’accusa, l’amico che faceva parte della stessa squadra di cacciatori “Subasio”, invece che chiamare immediatamente i soccorsi dopo il ferimento di Davide avrebbe messo in atto un depistaggio per allontanare da sé le responsabilità, mettendo in conto la possibilità che il ragazzo potesse morire.
I primi i dubbi sull’ipotesi che il colpo che aveva colpito al petto il giovane fosse partito per sbaglio dal suo stesso fucile erano già emersi con l’autopsia. Dall’esame condotto dal medico legale, Sergio Scalise Pantuso, infatti, non era stata riscontrata una bruciatura compatibile con il proiettile sparato a distanza ravvicinata da chi incespica sul terreno impervio e si appoggia all’arma.
Da una prima ricostruzione della dinamica, basata sulle dichiarazioni rese da alcuni dei testimoni sentiti dai carabinieri della compagnia di Assisi, era emerso che il 24enne laureato in Economia del turismo si trovava a caccia con un altro amico, in una battuta al cinghiale all’imbrunire, in una zona che ricade nel parco regionale del monte Subasio.
Secondo le prime dichiarazioni, Fabbri, non impegnato con loro nella battuta ma residente in quella località, aveva trovato Davide in fin di vita dopo avere sentito in lontananza uno sparo ed essersi avvicinato per verificare se i due fossero riusciti ad abbattere un cinghiale. Nel momento in cui Davide era stato colpito al petto, secondo i primi elementi emersi, il compagno di caccia si trovava molto distante. Probabilmente Davide si era distaccato dall’amico per seguire il cane che si era allontanato.
La ricostruzione portata avanti dai militari di Assisi, comandati dal capitano Vittorio Jervolino, e coordinate dalla procura diretta da Raffaele Cantone, sono passate anche per la prova dello stub, che ha rivelato tracce di polvere da sparo sugli abiti e sulle mani del 56enne di Assisi. La svolta alle indagini è arrivata dai filmati della microtelecamera che invece che finire come di consueto sul gruppo Instagram “Hunting dog Assisi,” sono diventati un elemento fondamentale di prova per le indagini. Un fotogramma dopo l’altro, i filmati “crudi e drammatici” da cui, secondo gli inquirenti, emerge con certezza come lo sparo fatale non sia partito dalla carabina di Davide, ma da quella di un altro cacciatore. L’ipotesi è che il compagno di caccia abbia visto o pensato di vedere un cinghiale e abbia fatto partire il colpo.
Un errore fatale, a cui invece dei tentativi di soccorso sarebbe seguito un tentativo di depistare le indagini. Il “Biondo”, secondo gli inquirenti, avrebbe scaricato l’arma del 24enne, disfacendosi del proprio fucile e della propria giacca da caccia e soprattutto omettendo di chiamare tempestivamente i soccorsi, avvisati solo dopo vari minuti da un altro giovane che si trovava a caccia e che nel frattempo era sopraggiunto. Una volta arrivati i sanitari del 118, che hanno tentato di salvarlo con l’aiuto del soccorso alpino, per il ragazzo non c’è stato nulla da fare.
Il 56enne è stato arrestato ieri, con un’ordinanza del gip sulla base di “gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario con dolo eventuale”, perché con la scelta di non chiamare immediatamente i soccorsi ha “accettato il rischio che il soggetto colpito potesse morire”, hanno sottolineato gli inquirenti in una nota.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-01-27 22:16:34 ,www.repubblica.it