Asteroid City: sommo pleonasmo di Wes Anderson
Asteroid City è il film che più di tutti evidenzia l’aspetto decadente del cinema di Wes Anderson.
Un esercizio di stile, un involucro raffinato e dai colori vividi che racchiude una trama inconsistente.
Il film è corale ed estroso, come tipico del regista, ed è una ricostruzione d’epoca che si sovrappone alle precedenti della sua filmografia. Siamo passati dagli anni Sessanta di The French Dispatch al pieno splendore degli anni Trenta dell’albergo di Grand Budapest Hotel, per planare ora sul deserto di un’immaginaria cittadina nel sud-ovest degli Stati Uniti nel 1955.
Qui prevale un elenco concentrato di spazi, personaggi ed epoche, come se si stesse sfogliando un album fotografico, denso di ricordi.
Perché vederlo
Asteroid City racconta la storia di un’opera teatrale ambientata in una città fittizia nel deserto e offre allo spettatore una sorta di ucronia nell’America del 1955.
Il film mescola il grottesco al ridicolo nel contesto di un concorso di astronomia, che presenta personaggi particolari e interessanti, tra cui un fotografo di guerra, una diva del cinema, un generale e una dottoressa eccentrica.
Tutti i personaggi sono interpretati da un cast eclettico che vede brillare i nomi più noti del cinema americano (Jason Schwartzman, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Jeffrey Wright, Tilda Swinton, Bryan Cranston, Edward Norton e Adrien Brody), anche se alcuni attori sembrano ricevere troppo poco spazio.
Scarlett Johansson, ad esempio, è perfetta nel suo ruolo di algida, assorta nel suo solipsismo. Indimenticabile la scena in cui posa assorta nella vasca da bagno con il braccio teso (vedi immagine di copertina), proponendo un omaggio al dipinto storico La morte di Marat di Jacques-Louis David (1793).
Asteroid City è il film che i seguaci di Wes Anderson stavano attendendo, ma potrebbe anche essere l’occasione perfetta di apprezzarlo per chi non ha mai amato il suo stile. Il regista, noto per essere il compendio dell’hipster cinematografico, offre una metanarrazione senza freni, mettendo in secondo piano la trama a favore del suo virtuosismo registico.
I colori sgargianti e la fotografia ricercata sono gli elementi principali di quest’opera, mentre le emozioni sono lasciate in balia del pubblico, il quale deciderà se farsi trasportare dalla magia intangibile dell’atmosfera andersoniana.
Accoglienza
La pellicola è stata accolta in modo contrastante a Cannes, ma ha dimostrato di avere leggerezza, dinamismo e straordinaria qualità estetica, tipica di Anderson.
Ambientato in un passato glorificato dal regista, il film riesce ad affrontare temi seri con sensibilità e fantasia, anche se alcune perplessità riguardo alla narrazione persistono.
Vengono esplorati alcuni leitmotiv della filmografia del regista, tra cui la pluralità di punti di vista, la creazione artistica e la rappresentazione del passato.
Nonostante alcuni alti e bassi, il terzo atto del film è il più riuscito perché crea una combinazione di comicità e malinconia, con una trasfigurazione piacevole tra il farsesco e il fiabesco.
Rispetto al precedente The French Dispatch, Asteroid City risulta più genuino e meno sottomesso al suo stile composito. Il regista si mette a nudo e riflette sulla creazione artistica, la vita reale e il passato, anche se la sua insistenza sulla purezza e sulla nostalgia può sembrare eccessiva. Lo preferiamo quando si dedica all’animazione come in Fantastic Mr. Fox o ne L’isola dei cani, esempi magistrali di stop-motion e riflessione approfondita sugli errori commessi dal genere umano.
In definitiva, Asteroid City è un film da vedere, magari potrebbe riconciliare i detrattori di Wes Anderson e segnare una nuova fase nella carriera dell’autore.
È un’opera che merita l’attenzione e potrebbe conquistare anche i cuori più scettici.
Asteroid City: sommo pleonasmo di Wes Anderson
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di Veronica Cirigliano
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2023-10-16 14:04:18 ,