Tecnicamente avviene per tutti in maniera piuttosto simile. Gli astronauti sulla stazione spaziale internazionale dormono seguendo una routine e abitando spazi dedicati. Niente camere da letto però, ma qualcosa che possa dirsi tale: piccole stanzette, da considerare come spazi privati, riservati al riposo, e magari a una telefonata a dimora a parenti e amici, o alla visione di un film. Non ci sono materassi, cuscini, coperte: il letto sulla stazione spaziale internazionale (Iss) è un sacco a pelo dove ci si infila prima di dormire. Alcuni si legano per smettere di muoversi durante il sonno, altri, come raccontava la nostra Samantha Cristoforetti, due volte a bordo della Stazione spaziale, si lasciano invece fluttuare in condizioni di microgravità.
Ritmi sfasati in orbita
Dormire lassù però, a circa 400 km di distanza, facendo il giro della terra 16 volte al giorno non è semplice. I ritmi circadiani, quella sorta di orologio interno che ci permette di adattarci all’ambiente esterno, facendoci per esempio svegliare con l’arrivo della luce e conciliando il sonno con il buio, possono sfasarsi in orbita, dove albe e tramonti si susseguono per 16 volte al giorno. Anche gli ambienti possono non sono del tutto confortevoli e richiedono un certo grado di adattamento.
Ma non solo: la vita sulla Iss può mettere a dura prova il sonno. Come ricordava infatti uno studio sul tema qualche tempo fa altri fattori, oltre quelli più strettamente fisici, possono combinarsi per compromettere il sonno. Per esempio, scrivevano i ricercatori cinesi, lassù gli astronauti sperimentano un ambiente che per quanto stimolante può risultare monotono, vivono abbastanza isolati e conducono esperimenti ed attività per cui è richiesta una grande competenza, ovvero un elevato grado di attenzione. Tutti questi fattori possono combinarsi per rendere difficile dormire e dormire bene. Col risultato che si dorme generalmente meno che a terra e meno di quanto consigliato e generalmente (ovvero non per tutti, non sempre) peggio: circa sei ore al giorno contro le 7-8 generalmente raccomandate.
Organizzazione e una corretta igiene del sonno
Detto questo, non sorprende dunque che – anche in vista di missioni di più lunga durata, magari quelle dirette su Marte – si cerchi di capire come migliorare il sonno in orbita. Non è un problema solo di benessere, ma di sicurezza e salute in primis ricorda la Nasa, stilando una lista delle strategie che aiutano gli astronauti a raggiungere un buon riposto in orbita. Rispettare una routine di lavori e di riposo che assecondi i ritmi circadiani compare in cima alla lista dei consigli, così come osservare una corretta igiene del sonno: i consigli di ridurre gli stimoli luminosi in prossimità del sonno, di evitare cibi pesanti o stimolanti come la caffeina, e di organizzare l’attività fisica così da non intralciare il sonno, valgono anche a 400 km di distanza. C’è spazio poi, al bisogno, anche per rimedi naturali come la melatonina (per favorire il sonno), la terapia cognitivo comportamentale per cercare di arginare il flusso dei pensieri e, solo dopo opportuni test prima della partenza, magari anche a farmaci che possono favorire il sonno.
Luci rosse per dormire
Lavorare con le luci è un’altra delle strategie su cui si lavora da tempo: lo scopo è di ottimizzare l‘illuminazione favorendo al tempo stesso un’alternanza di spettri che assecondi i ritmi circadiani (e il sonno appunto). Continuando questo filone di studi, al lavoro in questi giorni e proprio con questo scopo è anche l’astronauta danese dell’Esa Andreas Mogensen, da poco tornato a bordo della Stazione spaziale. Qui, nella sua camera/cabina l’astronauta ha posizionato una lampada speciale, soprannominata Circadian Light (sviluppata da SAGA Space Architects from Copenhagen).
Lo scopo della lampada infatti è di aiutare l’astronauta a mantenere i ritmii circadiani anche in orbita, fornendo stimoli luminosi che cercando di replicare il più possibile le luci della sera (rossicce) e quelle della mattina (sul blu), così rispettivamente da favorire il sonno nel momento in cui si va a dormire, e il risveglio alla mattina. “Lo spazio è noioso, abbiamo bisogno di stimoli” è infatti il motto degli ideatori della lampada, secondo i quali le variazioni indotte dalla luce possono aiutare a ricreare una routine in grado di replicare giorno e notte sulla Terra, favorendo secrezioni di melatonina e cortisolo, l’una che favorisce il sonno, l’altro il risveglio, e che sono alla base del ritmo circadiano.
Monitorare il sonno, dall’orecchio
Accanto alla lampada Mogensen durante il sonno indosserà un piccolo auricolare, appositamente progettato per registrare l’attività elettrica del cervello dell’astronauta nel sonno. Questo permetterà infatti di ottenere informazioni relativamente alla qualità del sonno, dal momento che l’elettroencefalogramma fotografa le varie fasi del riposo e serve anche per identificare eventuali disturbi del sonno.
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di Anna Lisa Bonfranceschi www.wired.it 2023-09-10 16:00:00 ,