Nella migliore delle ipotesi, anche sistemi ancora del tutto teorici, come la propulsione nucleare, i motori al plasma, o persino l’idea di spingere delle vele solari sparando un laser dal nostro pianeta, il viaggio richiederebbe decenni o più probabilmente secoli, e quindi sarebbe impossibile da portare a termine per un equipaggio umano. Da qui, l’alternativa: costruire una nave attrezzata per sostenere generazioni di astronauti, in un viaggio di sola andata di cui vedranno la fine solamente i pronipoti dei coloni che hanno lasciato la Terra. Anche in questo caso, ovviamente, servirebbero una moltitudine di tecnologie e soluzioni tecniche ancora tutte da inventare. Ma se non riusciremob a migliorare i sistemi di propulsione spaziale (e non è assolutamente detto che si riveli possibile in tempi brevi), non c’è altro da fare.
L’arca spaziale
Il concorso da poco lanciato da Project Hyperion punta proprio a stimolare lo sviluppo di concept per una nave generazionale, che permetta a migliaia di persone di sopravvivere durante un viaggio di soli nello spazio. La richiesta è quella di tralasciare aspetti tecnologici come i motori o il design strutturale dell’astronave, e di concentrarsi solamente sull’habitat che dovrebbe ospitare gli astronauti, nei suoi aspetti architettonici e sociali.
Le regole prevedono che le proposte siano sviluppate da un team multidisciplinare, che comprenda almeno un progettista architettonico, un ingegnere e un esperto di scienze sociali (psicologo, sociologo, antropologo, o altro). E che il progetto risponda a una serie di parametri. Il viaggio ipotetico della nave deve durare 250 anni (sufficienti per arrivare dalle parti di Alfa Centauri andando a una velocità che raggiunge il 2% di quella della luce, comunque diversi ordini di grandezza superiore a qualunque tecnologia attualmente in fase di sviluppo). Il pianeta d’arrivo deve essere un pianeta roccioso già dotato di un ecosistema artificiale impiantato precedentemente, che non pone problemi per la sopravvivenza dell’equipaggio una volta sbarcati.
La nave deve inoltre essere dotata di gravità artificiale (ottenuta per rotazione, come in “2001 Odissea nello spazio”, o in qualche altro modo). Deve avere un’atmosfera simile a quella terrestre, e proteggere i suoi abitanti da radiazioni e impatti di micro-asteroidi. E deve essere progettata per ospitare confortevolmente un equipaggio di 1.000-1.500 persone, per tutta la durata del viaggio. Le idee che verranno sottoposte dovranno ovviamente cercare di minimizzare il peso della struttura e delle apparecchiature di cui sarà dotata la nave, garantire l’accesso al cibo e a tutte le risorse essenziali per la sopravvivenza, e dettagliare la struttura sociale che verrà a crearsi nell’equipaggio, tenendo a mente che dovrà sopravvivere per diverse generazioni, e quindi garantire la trasmissione di saperi e conoscenze ai nuovi esseri umani che nasceranno lontano dalla loro casa ancestrale.
Come partecipare
A valutare i progetti ci penserà il personale di Project Hyperion, un team di esperti composto di architetti, ingegneri, antropologi e urbanisti, molti dei quali hanno collaborato in passato con Esa e Nasa. Il premio di 10mila dollari è frutto della sponsorizzazione della Initiative for Interstellar Studies (i4is), non profit inglese dedicata alla esame di nuove soluzioni per l’esplorazione robotica ed umana delle stelle e degli esopianeti.
Per gli interessati, le iscrizioni si chiudono il 15 dicembre, mentre la prima deadline per la consegna dei progetti è prevista il 2 febbraio 2025, e la seconda, per i progetti definitivi, il 4 maggio. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito dell’iniziativa.
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di Simone Valesini www.wired.it 2024-11-24 06:00:00 ,