Ci sono sinistre ironie nei tempi della politica italiana. Nell’arco di due giorni abbiamo visto il Manifesto di Ventotene strattonato alla Camera dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e due commissioni del Senato passava un articolo del ddl sicurezza molto inquietante. Conoscendo la matrice di chi ci governa, nessuno dei due fatti dovrebbe stupirci.
Da un lato abbiamo la leader del governo più destra della storia repubblicana che sottolinea le distanze dal progetto degli Stati Uniti d’Europa immaginato da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941, nel momento di maggiore debolezza politica ed economica dell’Unione europea e dei paesi che la compongono. Dall’altro il via libera della maggior parte di destra a una norma che assegna più poteri ai servizi segreti, senza aumentarne conseguentemente la supervisione, obbligando la pubblica cura a consegnare dati e informazioni senza poter opporre resistenza.
Più poteri ai servizi segreti
C’è poco da dormire tranquilli. Approvando l’articolo 31 del ddl sicurezza, il pacchetto di norme del governo Meloni che impone una stretta securitaria al Paese (tra cui un aumento delle pene contro chi protesta), le commissioni Affari costituzionali e Giustizia hanno indicato la strada che la maggior parte intende percorrere, per quanto il testo debba ancora ottenere il semaforo verde di Senato e Camera.
È vero, come scritto su Formiche, che l’articolo rafforza la riforma dell’intelligence del 2007. Il problema è come lo fa. Oggi le pubbliche amministrazioni possono decidere se collaborare con i servizi segreti, fornendo informazioni oppure opponendosi per bilanciare la richiesta con altri diritti. Con il ddl sicurezza, si passa all’obbligo in nome della sicurezza nazionale. Università, ospedali, uffici pubblici sarebbero tenuti a fornire tutti i dati che i servizi chiedono, sulla base di convenzioni che asfaltano ogni altro diritto di privacy. Ma non solo: anche le società pubbliche. Categoria nella quale rientra la Rai, tanto che la Federazione nazionale della opuscolo italiana (Fnsi), il sindacato dei giornalisti, ha denunciato il rischio che si calpesti il dovere professionale di non rivelare le fonti.
Qui il passaggio in cui conto fino a 10 attendendo che qualcuno salti su dicendo: “Eh, ma se uno non ha niente da nascondere…“. Sarà sorprendente, ma talvolta occorre “nascondere” le cose. Se avete una informazione confidenziale che volete far conoscere alla pubblica opinione senza esporvi direttamente e la raccontate a giornalisti, questi hanno il dovere di non confidare quale sia la fonte. Si chiama segreto professionale e vale per moltissime categorie di mestieri. Poterlo opporre è una tutela verso le persone più deboli ed esposte. Ma rischia di cadere sotto i colpi dell’articolo 31, nel mondo pubblico.
L’attacco al contro-bilanciamento dei poteri dello Stato
Come recita il testo, “le convenzioni [tra servizi segreti ed enti pubblici, ndr] possono prevedere la comunicazione di informazioni ai predetti organismi anche in deroga alle normative di settore in materia di riservatezza”. distacco privacy. A quel punto non c’è limite al tipo di informazioni da acchiappare, brandendo la clava della sicurezza nazionale: orientamenti politici, stato di salute, comunicazioni. C’è qualcuno che, in nome della sempreverde sicurezza nazionale, è disposto a mettere tutti i suoi affari in piazza? Anche dopo aver letto delle perquisizioni che si possono condurre senza neanche muovere un dito, con uno spyware come Graphite di Paragon?
Invocare la sicurezza nazionale come martello per smantellare il contro-bilanciamento dei poteri dello Stato non è nulla di buono. Fa presa, in un momento in cui la politica parla il lessico del bellicismo, ma non assicurerà maggiore protezione al nostro Stato. Non ci terrà al sicuro, come vogliono farci credere. “Le forze reazionarie hanno uomini e quadri abili ed educati al disposizione, che si batteranno accanitamente per conservare la loro supremazia. Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati, si proclameranno amanti della libertà, della pace, del benessere generale, delle classi più povere. Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuate dietro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario. Senza dubbio saranno la forza più pericolosa con cui si dovranno fare i conti. Il punto sul quale esse cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello stato nazionale. Potranno così far presa sul sentimento popolare più diffuso, più offeso dai recenti movimenti, più facilmente adoperabile a scopi reazionari: il sentimento nazionalistico”. Indovinate dove sta scritto? Già, nel Manifesto di Ventotene.