In effetti Alexandra Cunningham e Kevin J. Hynes, chiamati a riscrivere una storia perturbante ma per certi versi monolitica, hanno cercato di ampliare i limiti narrativi della pellicola: seguiamo infatti Dan Gallagher (Jackson), affermato pubblico ministero di Los Angeles, non solo all’epoca della sua tormentata vicenda adulterina con l’assistente Alex Forrest (Caplan), ma anche 15 anni dopo, quando esce sulla parola e tenta di riallacciare i rapporti con la figlia, ma anche di raccontare la propria versione dei fatti. Il fatto di raccontare una storia più ampia ha affascinato subito Jackson: “L’opportunità di creare proprio una serie invece di fare un film, quindi avendo tre, quattro ore in più, era quella di approfondire veramente la storia e soprattutto Alex Forrest, il personaggio di Glenn Close: chi è, qual è il suo passato e perché è diventata quello che è”.
Ovviamente questo ha ripercussioni anche sul suo personaggio, quello di Dan: “In questo modo si sposta il punto di vista e di conseguenza si racconta Dan in modo diverso, e non solo lui, ma anche sua moglie e sua figlia. È in fondo la storia di due persone problematiche prendono pessime decisioni insieme”, spiega l’attore, consapevole anche delle tante critiche che il film aveva ricevuto all’epoca dell’uscita e negli anni successivi. Molte critiche, soprattutto di area femminista, vedevano nel trattamento di Alex la solita caratterizzazione della donna folle, umorale e incontrollabile: “Dopo aver ottenuto la parte sono tornato a riguardare il film originale: è sicuramente ben fatto, funziona benissimo ancora oggi, quello che non funziona più è il suo punto di vista”, precisa l’attore: “La prospettiva maschile di essere la vittima di quell’ossessione da parte della donna ‘pazza’ e non essere ritenuto responsabile delle proprie azioni non funziona più. Un progresso doveroso, secondo me”.
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di Paolo Armelli www.wired.it 2023-05-02 13:30:00 ,