di Guido Alberto Casanova
Le batterie Lfp si basano su una composizione chimica la cui densità energetica è meno alta rispetto ad altre batterie per auto elettriche (come quelle che contengono nichel, cobalto e manganese) ma che rispetto a queste è meno costosa. Ed è proprio questo il punto. Secondo Jim Farley, l’amministratore delegato di Ford, “la ragione di tutto questo progetto è proprio quella di abbassare i costi delle auto elettriche” e la formula Lfp “è la tecnologia per batterie più conveniente” per i consumatori.
Nel 2022 il mercato dell’auto elettrica degli Stati Uniti ha conosciuto un boom notevole, con un +66% di vendite rispetto all’anno precedente. Il settore attualmente è dominato da Tesla, le cui auto montano anch’esse in alcuni casi batterie prodotte da Catl. Approfittando della crescita del mercato interno, Ford spera di riuscire a riuscire a conquistare una fetta di mercato grazie alla riduzione dei prezzi che il partenariato con l’azienda cinese potrà permettere.
L’ostilità di Washington e la diffidenza di Pechino
L’accordo deve fare i conti con un clima internazionale di grande tensione tra Cina e Stati Uniti, che oltretutto spiega la particolare struttura del partenariato tra le due società. Questa conflittualità, che emerge su molteplici dossier che vanno da Taiwan al pallone spia dei giorni scorsi, ha nella tecnologia uno dei principali terreni di scontro e abbraccia diversi settori, inclusa la corsa all’elettrificazione del settore automobilistico. L’estate scorsa infatti il congresso statunitense ha approvato una legge che introduce speciali sussidi sotto forma di crediti d’imposta per quei clienti che acquisteranno auto elettriche le cui batterie siano state prodotte negli Stati Uniti o in altri paesi alleati. L’incentivo, oltretutto, non si applica se all’interno della batteria ci sono componenti prodotte da aziende cinesi. La misura era stata pensata proprio per disincentivare l’acquisto di auto elettriche cinesi e per incentivare la ricostruzione di capacità tecnologico-industriali competitive negli Stati Uniti.
È per questi motivi che Ford non ha avviato una joint venture con Catl e sarà l’unica proprietaria della fabbrica. Ma nonostante tutte le precauzioni, negli Stati Uniti persiste una profonda diffidenza verso l’accordo. A gennaio il governatore della Virginia, il repubblicano Glenn Youngkin, ha definito il progetto un “cavallo di Troia” del Partito comunista cinese. Per molti, l’opposizione del governatore è stata una rappresentazione plastica dell’intenso sentimento anti-cinese che ormai da qualche tempo pervade il dibattito politico degli Stati Uniti. La Virginia infatti era stata considerata come una delle località candidate ad ospitare la nuova fabbrica e, in una realtà già largamente impoverita dalla deindustrializzazione, i 2.500 posti di lavoro creati da una società statunitense sarebbero stati molto benvenuti.
Dall’altra parte del Pacifico però la situazione non è migliore. Secondo quanto riportato da Bloomberg, le autorità cinesi hanno sottoposto l’accordo a un nuovo scrutinio interno per verificare che Catl non condivida col partner statunitense tecnologie e competenze che possano offrire un vantaggio competitivo al rivale. Una fonte a conoscenza dei fatti ritiene però che non dovrebbero esserci problemi e che l’accordo dovrebbe ricevere il placet di Pechino.
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www.wired.it
2023-02-21 05:50:00