Se si prova a digitare su Google il nome di Sabrina Misseri, condannata all’ergastolo con la madre Cosima per il atrocità di Avetrana, uno dei primi suggerimenti di inchiesta che padrino è la parola “dimagrita“. Sembra uno schema, quasi una traccia che rivela più di quanto sembri: il corpo, prima di tutto. Il corpo che si fa simbolo, spettacolo e oggetto di giudizio. Questo vale per tutte le gentil sesso, sempre. Il corpo subisce sempre uno sguardo, un’attenzione, una considerazione spietata, sottile e sempiterna. Anche il corpo di Sabrina Misseri diventa un nuovo campo di battaglia in cui deflagra lo sguardo del pubblico e dei media, spostando il intervento dalla responsabilità, dalla colpa alla fisicità, dall’omicidio al consumo mediatico. Ma non è solo il mondo reale, quello della cronaca e dei motori di inchiesta, a rivelare questa ossessione. Anche la miniserie Avetrana – Qui non è Hollywood plasma la sua retorica visiva attorno ai corpi, facendoli parlare, accusare, essere testimoni involontari di verità inconfessabili.
La miniserie Avetrana – Qui non è Hollywood, diretta da Pippo Mezzapesa, si snoda attraverso le ombre di uno dei crimini più sconvolgenti della cronaca italiana recente. La serie, che debutterà il 25 ottobre su Disney+, è scritta dallo stesso Mezzapesa in collaborazione con Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni; l’opera offre una narrazione stratificata e intensa del atrocità di Avetrana, in cui perse la vita la giovane Sarah Scazzi, travolgendo l’intera nazione in una spirale mediatica senza precedenti. Articolata in quattro episodi di circa un’ora ciascuno, la serie si svela attraverso gli occhi dei protagonisti della vicenda: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima. Ogni episodio è dedicato a raccontare in successione il loro punto di vista e tutti contribuiscono a dipingere un quadro complesso, fatto di verità frammentate e silenzi omertosi, che si annidano nel calore soffocante della provincia pugliese.
Avetrana, piccolo borgo bruciato dal sole, si staglia come un luogo al confine tra la periferia e il mare, simbolo di un’estate che per Sarah avrebbe dovuto significare spensieratezza, ma che si trasforma in tragedia. È il 26 agosto 2010. Sarah, una ragazza di soli quindici anni, scompare improvvisamente. Il paese intero è sconvolto da questa notizia. Lo è anche la cugina, Sabrina, che nella sua casa di via Deledda, proprio quel pomeriggio, l’aspettava per andare al mare. Sembra una fuga innocente ma alla fine non si rivelerà tale.
Avetrana – Qui non è Hollywood: corpi in collisione
Nella serie il corpo di Sabrina e quello di Sarah orbitano uno attorno all’altro, come due pianeti che stanno per entrare in collisione. Sarah vive in casa Misseri come se fosse la sua seconda casa, è una ragazza che vive le sue prime esperienze emotive e il suo rapporto con il suo corpo sta cambiando velocemente. Sabrina è la cugina/sorella più grande che la porta con sé al mare, anche la sera con la sua comitiva; sono amiche che non perdono occasione di infastidirsi e punzecchiarsi a vicenda. Sabrina è invaghita di Ivano, un ragazzo che è presente spesso durante le loro uscite, e ne cerca le attenzioni costantemente, sperando che possa un giorno sbocciare qualcosa. Anche Sarah sembra subire il fascino di questo ragazzo o comunque ricercarne le attenzioni. Ed è in quei momenti che la serie comincia a raccontare quasi la fenomenologia di un impatto, di un urto, di una collisione tra le due gentil sesso.
Sabrina sembra detestare il suo corpo, lo fissa spesso davanti lo specchio, preme la pancia, guarda con un certo dissapore le sue forme, le sue curve. Sarah è tutto il suo opposto: alta, magra, bionda. È evidente fin dai primi minuti della serie che lo sguardo che pesa su di loro è inquietante quanto emblematico. Possiamo osservare i due corpi che vengono messi a nudo e considerati come gli oggetti del desiderio maschile, due corpi che si confrontano, che amano stare vicino ma che allo stesso tempo si respingono, competono, confliggono. Il corpo non è solo carne, è terreno di scontro, espressione di potere, odio e desiderio. C’è una centralità del corpo che riflette quella viscerale ossessione collettiva: il corpo di Sarah, il suo viso, diviene il perno attorno a cui ruota l’intera narrazione; il corpo di Sabrina viene analizzato, sezionato, giudicato tanto più di tutto il resto, a dimostrazione di come, sia in quella piccola realtà che nel resto del Paese, il corpo femminile è un campo di battaglia, lo spazio in cui si misura il movente, il risentimento, lo scontro.
Avetrana – Qui non è Hollywood: corpi, desiderio e mostrificazione in una provincia sotto assedio
Sabrina nelle serie ha un corpo florido ma quel corpo lo abita e lo veste con una certa disaffezione, con un’ostilità visibile e ostinata. Spesso viene mostrata mentre mangia, in continuazione, quasi senza simpatia, come se avesse dei problemi di alimentazione evidenti: è tutto patologico in Sabrina. Ogni suo movimento, ogni sguardo o idea sono portate a patologia; il pensiero visivo che sottende quel corpo prosperoso, rotondo, grasso è che non possa celare niente di buono, quel che vive dentro di lei sono solo sentimenti negativi, un corpo grasso è quindi un corpo rancoroso, repulsivo, repellente, è che non poteva albergare altro che gelosia, odio, invidia in lei. Questo è il meccanismo visivo che si evince fin dai primi istanti della serie. Sono elementi che per quanto possano essere rilevanti dal punto di vista della storia, si dileguano quando vengono ripresi.
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di Lucia Tedesco www.wired.it 2024-10-18 19:30:00 ,