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(di Antonio Pisani)
È “sereno” in carcere, nonostante
abbia confessato di aver ucciso quattro persone, il 48enne
napoletano Mario Eutizia, il badante trasformatosi in “angelo
della morte” (parole del pm), sempre più convinto della bontà
della sua scelta, fatta per “per pietà e misericordia cristiana”
nei confronti dei suoi assistiti, anziani e sofferenti, e
consegnatosi per essere difeso “a non uccidere più”, cosa che
sarebbe probabilmente successa se si fosse trovato di nuovo
nelle stesse condizioni.
Uno dei suoi due avvocati, Gennaro Romano (l’altro è Antonio
Daniele), dopo averci parlato – il 48enne è detenuto nel reparto
Volturno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove viene
curato anche per le numerose patologie che ha, dal diabete al
tumore – afferma che Eutizia è sereno, appunto, “e sempre più
consapevole di aver fatto la scelta migliore nel raccontare i
delitti commessi, in quanto il suo è stato un atto di
coscienza”.
“In ogni caso le sue affermazioni andranno verificate e per
questo abbiamo piena fiducia nella magistratura”, precisa il
legale, facendo riferimento ad uno dei due filoni d’indagine ai
quali stanno lavorando in queste ore gli inquirenti, e piuttosto
quello del riscontro delle dichiarazioni dell’indagato sui
quattro omicidi confessati.
L’altro, strettamente connesso e forse ancora più
impegnativo, consiste invece nel verificare se tra i circa
trenta anziani assistiti da Eutizia nel corso degli anni anche
altri possano essere stati uccisi con gli stessi sovradosaggi di
potenti sedativi. Nelle carte dell’inchiesta si legge che “negli
ultimi dieci anni, nonostante non avesse alcun titolo
professionale abilitante”, l’indagato – separato, con una figlia
e senza fissa dimora – ha svolto le mansioni di badante ed anche
di infermiere “in diversi comuni dell’Italia principale e
meridionale”. Non si sa con precisione quanti e quali siano: nel
decreto di fermo vengono citati Latina e poi Casoria, vicino a
Napoli, e Vibonati, nel Salernitano. In queste ultime due
località, dove Eutizia ha lavorato rispettivamente per 4 e 3
mesi, si sono verificati i due decessi di cui il badante ha
saputo indicare i nomi delle vittime: l’89enne Luigi Di Marzo,
deceduto a Casoria il 3 dicembre scorso, e il 96enne Gerardo
Chintemi, deceduto a Vibonati il 4 marzo di quest’anno (entambe
le salme sarebbero state cremate, circostanza che rende
impossibile svolgere accertamenti ulteriori).
Gli investigatori non sono invece ancora riusciti ad
accertare l’dentità delle due vittime più risalenti nel tempo,
ovvero i due pazienti di Latina che l’uomo ha detto di aver
ucciso dieci anni fa, senza però ricordarsi i nomi. Su questi
due delitti, avvenuti appunto nel 2014, Eutizia ha detto di non
poter fornire indicazioni più specifiche avendo subito il furto
del borsello con effetti personali e il cellulare nel quale
erano registrati i nomi mentre dormiva su una panchina a Piazza
Sant’Anna a Caserta, il luogo da cui la mattina del 22 agosto ha
contattato i carabinieri per poi confessare i delitti. Ai
militari dell’Arma di Caserta e al pm, l’uomo ha detto di aver
provocato la morte di quattro anziani gravemente malati che
stava assistendo, somministrando loro delle potenti dosi di
farmaci, perché non voleva più vederli soffrire; una scelta
consapevole, perchè anche lui assumeva gli stessi farmaci e
soffriva a causa di numerose patologie.
Su tutte queste questioni l’indagato sarà chiamato nuovamente
a rispondere lunedì prossimo, quando si terrà l’udienza di
convalida del fermo disposto il 22 agosto dalla Procura di Santa
Maria Capua Vetere (procuratore Pierpaolo Bruni e sostituto
Annalisa Imparato). Ad ascoltare il 48enne sarà il gip del
tribunale sammaritano Alessandra Grammatica, che dovrà decidere
se approvare il provvedimento dei pm e soprattutto se tenere impegnato
Eutizia in carcere o disporre altra misura restrittiva.
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